Ignorate per dieci anni le richieste di sicurezza
Al processo contro l’Anas, i funzionari del Comune hanno ricostruito i rapporti tra gli enti e le segnalazioni sulla pericolosità della statale a Giamosa
Martina Bonavera , bambina di 13 anni vittima di un incidente stradale sulle strisce pedonali di giamosa
BELLUNO. Chi ha la responsabilità della sicurezza dei pedoni lungo la strada statale 50 all’altezza di Giamosa? È questo l’interrogativo principale emerso durante la prima udienza del processo a carico di due dirigenti Anas, accusati di omicidio colposo per la morte di Martina Bonavera, la studentessa 13enne investita da un furgone il 9 marzo 2013 mentre si dirigeva verso la fermata dell’autobus. Dopo la condanna dell’autista Luciano Possamai, sono stati rinviati a giudizio Ettore De Cesbron de la Grennelais (dirigente dell’area tecnica di esercizio del compartimento veneto di Anas) e Eutimio Muccilli (capo compartimento regionale) per non aver messo in atto tutte le misure necessarie ad evitare l’incidente mortale.
Ieri, davanti al giudice Angela Feletto, sono comparsi quattro testimoni dell’accusa: due ispettori di polizia che effettuarono le indagini e due dipendenti del Comune.
Tutti hanno rilevato come, fino al 2013, la situazione lungo il tratto di statale tra Bettin e Salce era particolarmente problematica per i pedoni che da Giamosa (sul lato destro in direzione Feltre) volevano raggiungere la fermata dell’autobus e il centro commerciale sul lato opposto della strada. Le strisce pedonali più vicine si trovavano a circa 70 metri di distanza e per raggiungerle era necessario camminare sulla carreggiata, perché la strada era priva di marciapiede e anche i pochi centimetri di banchina presenti prima della scarpata non erano più percorribili dal 2010, quando Anas aveva installato i guard rail. Proprio sul guard rail andavano a finire le strisce pedonali che, quindi, oltre ad essere troppo lontane, erano anche inutili. Per attraversare, dunque, come hanno evidenziato gli ispettori Montico e Chenetti, era necessario sfidare la sorte violando il codice della strada in un punto dove il limite di velocità era di 70 km orari, perché il confine del centro abitato di Belluno si trova a est di Marisiga.
Nel 1993, infatti, il Comune delimitò il centro abitato all’altezza dell’ex Dodo’s, ma nel 2000 Anas chiese al ministero di attivare le procedure per diffidare il Comune, costretto dunque ad arretrare il confine e quindi anche il limite di velocità di 50 km/h, come ha ricordato la funzionaria comunale Anna Ribul. A Giamosa, quindi il pericolo per i pedoni era evidente e da almeno dieci anni i cittadini, riuniti in un comitato, segnalavano il problema chiedendo interventi per la sicurezza. Le cronache di quegli anni registrano un incidente ogni 21 giorni tra Marisiga e San Fermo. Secondo la difesa (avvocato Ripamonti) però, l’unica comunicazione del Comitato di Salce all’Anas risale al 31 gennaio 2003.
Il nodo centrale, tuttavia, rimane quello delle competenze. La proprietà della strada e della fascia di terreno adiacente è di Anas, quindi qualsiasi intervento dev’essere autorizzato dalla società, anche quando è il Comune a farsene carico economicamente. Un esempio, riportato dal teste Ribul, risale al 2005: il Comune chiese ad Anas di fare alcuni lavori sugli attraversamenti pedonali, Anas rifiutò di intervenire, ma autorizzò il Comune a farli. Al momento del deposito del progetto, però, Anas chiese al Comune anche il versamento dei diritti di segreteria. Il Comune si oppose, ma quando nel 2008 si ripresentò il problema, i dirigenti comunali preferirono pagare i diritti di segreteria piuttosto che «perdere di nuovo tutto il tempo perso nel 2005».
Il processo è stato rinviato al 7 dicembre.
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