Il Bosch al buio a palazzo Grimani: e i visitatori protestano

Lo splendido polittico Visione dell’Aldilà del pittore fiammingo versa in un pessimo stato espositivo. Ecco le foto

Uno degli unici tre Bosch esposti in Italia è perduto nel buio. Non ha luce: se non la naturale che gli arriva da due finestre lagunari. Tramontato il sole, è perso. E’ a palazzo Grimani, Venezia, dal dicembre 2008, titola la Visione dell’Aldilà, polittico a quattro tavole, lo firma Hieronymus Bosch, pseudonimo del pittore fiammingo Jeroen Anthoniszoon van Aken, all’inizio del sedicesimo secolo. Gli altri due sono sempre a Venezia, rimasti al Ducale: sono il Trittico della martire crocifissa (circa 1497) e il Trittico degli eremiti (circa 1493). Altri non ce n’è, nei 4.739 musei e istituti similari d’Italia contati nel Rapporto sul Sistema dei Beni Culturali di Fare Ambiente nel 2011.

Per vederne altri, di Hieronymus Bosch, bisogna andare a Vienna, Madrid, Monaco, altre mete europee, ma anche prendere aerei, treni, forse voli, oppure navi per l’oltreoceano, dove ce ne sono pure in varie università statunitensi. Dunque, al Grimani di visitatori, curiosi o storici ne arrivano a frotte, perché c’è il Bosch ed è Venezia. Cento al giorno nei passati giorni di festa, comunicano dal museo, è dire poco. Anche quaranta nei giorni di magra, ribadiscono. E se ne vanno delusi, quasi tutti, a capo chino, con la visione dell’ombra sul quadro al posto «dell’Aldilà».

A tal punto che lasciano prove documentate del loro malumore: del fatto, insomma, che il dettaglio che in Bosch è tutto, è perso nell’oscuro appena illuminato della stanza senza sole, dove il dipinto a olio alloggia al Grimani, e firmano cosi numerosi esposti (non ne fa segreto il personale, in confidenza: «sono numerosissimi», dicono) alla biglietteria del palazzo del doge Antonio. I quali reclami vengono inoltrati dunque alla direzione da anni, e da lì passaggi su passaggi fino alle scrivanie della Sovrintendenza. Poi, non se ne sa.

Ma le carte s’impolverano, forse si accumulano e gli anni passano e il Bosch a Venezia rimane al fosco. Poche le due finestre della stanza affacciate su rio San Severo, che lo illuminano a luce solare, al primo piano del palazzo del cardinale Domenico Grimani, dopo la stanza di Psiche, prima del camerino di Apollo, in uno spazio che prende il nome ora dal fiammingo e ricavato lì nel Settecento. Pessime condizioni espositive, in breve.

L’altra luce che gli arriva, è artificiale ma gli arriva di riflesso: da pochi faretti a luce diffusa, tecnicamente detti “a tandem”. Neanche Vittorio Sgarbi, quando a Venezia lottava con la Corte dei Conti per il posto di Soprintendete, l’aveva vinto il buio del Bosch. Imbastì la mostra su Bosch al Grimani, portando gli altri due dipinti in quelle stanze dal Ducale e disse a metà febbraio del 2011: «Ecco allora i dipinti veneziani di Hieronymus Bosch». La mostra è finita, e la Visione dell’Aldilà, rimasta qui opera sola tra le altre tornate al Ducale, contraddice di molto l’attenzione per il dettaglio che il cardinale Domenico Grimani, che il Bosch al Grimani lo portò, usava nel dire, secondo il ritratto che ne fa Paschini (1926- 1927):«Minutissime innumerevoli figure di una diavoleria di Girolamo Bosch».

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