Il Cai veneto e la tragica lezione di roccia: «Un'escursione incauta»
MARMOLADA. «Serviva più prudenza. Il margine di rischio non è dipeso solo dall'imponderabilità di un evento come il fulmine. La montagna ancora una volta ci ha insegnato che non va sottovalutata».
Francesco Carrer, presidente del Cai del Veneto, non usa esplicitamente l'espressione “escursione pericolosa”, ma riflettendo sulla tragedia di domenica a Punta Penìa, sulla cima della Marmolada, che è costata la vita all’istruttore Mirco Querin, 42 anni, non manca di sottolineare come «siano state fatte scelte poco caute».
L’alpinista opitergino del Cai è stato centrato da una saetta mentre stava scendendo lungo la via Normale, morendo sul colpo. Tre i compagni feriti. «La montagna è un contesto severo. Le previsioni per domenica davano una giornata perturbata, con intensificazione nel pomeriggio attorno al 70%. La mattinata sembrava più tranquilla. E allora subentra la passione, la voglia di andare, ci si convince di farcela», spiega Carrer, «Così si decide di partire, basando la scelta sulla fiducia, l’ottimismo, le proprie capacità. La Marmolada è la meta regina, è prestigiosa. Forse, tenuto conto della situazione, bisognava tarare la scelta del percorso su mete diverse». Il dibattito tra gli appassionati della montagna e non solo si è acceso all’indomani della tragedia che è costata la vita a Querin.
Gli organizzatori dell’escursione, ossia il Cai di Oderzo e la scuola di roccia Piave-Livenza, hanno sin da subito sottolineato che non c’è stata alcuna imprudenza e che si è trattato di una fatalità. Ma dal Cai veneto, attraverso una nota firmata dal portavoce Bruno Zannantonio, arriva un forte monito. «Dovrebbe essere nel dna dei soci Cai una maggior attenzione alla sicurezza nell’andare in montagna, di cui gli aspetti delle previsioni del tempo sono una componente elementare e di base. Ancor di più l’attenzione e la specificità della sicurezza devono essere insite nei comportamenti e nelle scelte se il socio Cai diventa “titolato”, e cioè istruttore di alpinismo e sci alpinismo, accompagnatore di escursionismo, accompagnatore di alpinismo giovanile e ancor di più poi se il titolato porta con sè delle persone. Serve estrema attenzione se chi viene accompagnato fa parte di un corso per apprendere come andare in montagna in sicurezza». E continua: «Non è giustificabile il rischio anche se si va a titolo individuale perché poi si mette a repentaglio la sicurezza degli operatori del Soccorso Alpino. La prevenzione è rivolta ai neofiti, ma forse è necessario che tutti ci facciamo un profondo esame di coscienza. Se “predichiamo bene e razzoliamo male” non siamo diversi dagli altri, come qualcuno vorrebbe. I grandi alpinisti Bonatti, Cassin, Messner ci hanno insegnato che bisogna saper rinunciare».
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