Il Cipa: «Non è la piattaforma dei veleni»
LENTIAI. Nessun veleno nel depuratore all’ex San Marco. «Il progetto vuole risolvere criticità ambientali esistenti, non crearne di nuove», ha spiegato il presidente del Consorzio Cipa, Arone Roni, nella conferenza stampa convocata per chiarire alcuni aspetti dell’intervento. «L’allarmismo della popolazione è ingiustificato. Non arriveranno rifiuti da fuori provincia, l’impianto servirà quasi totalmente per smaltire i rifiuti di Lattebusche e i reflui civili di Lentiai e Busche e solo per il 10 per cento della sua capacità tratterà le acque di processo, come quelle delle occhialerie. Non ci sarà stoccaggio di rifiuti nell’area della ex San Marco».
Precisazioni che Roni ha voluto fare per spiegare cosa si farà nell’impianto e anche per tranquillizzare la popolazione, contraria alla riattivazione del depuratore che definisce “la piattaforma dei veleni”. «Nessun rifiuto “tossico” e nessun “veleno” è previsto venga avviato al trattamento in quell’impianto», ha aggiunto Roni, «anche perché questa provincia dispone già di realtà specifiche e di alto livello per la gestione e il recupero di queste tipologie di rifiuto».
La conferenza del Cipa si è tenuta nella sede di Confindustria. «Con questo intervento si va a colmare una lacuna che si trascina da anni», ha ricordato Italo Tonet, delegato alle infrastrutture per l’associazione industriali. «Si tratta di un impianto fondamentale per l’industria bellunese, oggi costretta a farsi prelevare i rifiuti e smaltirli fuori provincia, spesso anche fuori regione, con costi ovviamente più elevati».
Concetto ribadito dal presidente del Consorzio Cipa che ha ricordato come l’iter sia stato avviato cinque anni fa «raccogliendo la richiesta del mondo produttivo bellunese» e si sia svolto all’interno di una normativa che, sulle tematiche ambientali, è molto rigorosa. «In questi anni il progetto ha subito una serie di modifiche e evoluzioni tecniche che il proponente (il Cipa) ha condiviso, anticipando anche la richiesta formulata dal Comune di Lentiai di svolgere le lavorazioni al chiuso per scongiurare qualsiasi problematica legata agli odori. È stato anche previsto che le operazioni di scarico dei reflui avvengano in pressione e con l’abbattimento delle emissioni, attraverso l’installazione di innovativi sistemi di filtraggio dell’aria».
Il progetto si svilupperà in due fasi: nella prima sarà avviato il solo impianto di trattamento biologico, che smaltirà i reflui di Lattebusche e quelli civili di Lentiai («dove il depuratore attuale è sottodimensionato e vecchio») e della frazione di Busche. In un secondo momento sarà attivato il trattamento chimico-fisico, che occuperà solo il 10 per cento della capacità depurativa dell’impianto e tratterà i reflui delle occhialerie, acque saponate che contengono metalli pesanti da eliminare con apposito trattamento.
«Abbiamo ridotto della metà il numero dei rifiuti ammessi a trattamento», ha aggiunto Roni. «In un primo momento ne avevamo messi molti, poi è stato valutato che le aziende bellunesi non producono grosse quantità di tutti i rifiuti che avevamo indicato e ne abbiamo depennati molti». Inoltre «non sono previsti ampliamenti».
«Grazie a questo impianto, che tratterà anche i reflui civili, saranno immesse nel Piave acque depurate in maniera migliore rispetto a quanto avviene adesso», ha concluso Roni. «Il nostro Consorzio non ha scopo di lucro, non vogliamo fare utili da questo progetto, ma solo dare un servizio che manca alle aziende nostre associate». Il Cipa spera di rendere operativo il depuratore entro l’anno. Al momento l’Arpav sta mettendo a punto il piano di monitoraggio e controllo, poi bisognerà attendere l’autorizzazione definitiva da parte della Regione.
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