Il cuoco Regis è italiano: «Che buona la carbonara»

Da 15 anni a Calalzo, ha messo su famiglia, lavora e si è perfettamente inserito. «Orgogllioso della cittadinanza, ora i miei figli avranno tutti i diritti di legge»

CALALZO. Predel Regis Boungou Moukouamou è diventato cittadino italiano. Nato a Brazzaville, in Congo, il 6 giugno 1976, ma da 15 anni in Italia, è stato infatti iscritto nel “registro per gli atti di cittadinanza del Comune di Calalzo” , il paese in cui Regis vive con la famiglia, dal sindaco Luca De Carlo.

«Sì, sono molto contento; per me, perché in Italia mi trovo bene», sottolinea Regis, «e soprattutto per i miei figli che ora avranno diritti cui prima, non avendo io la cittadinanza, non potevano aspirare».



Contento anche Luca De Carlo, che ha postato su Facebook una foto insieme a Regis, non appena apposte le loro due firme sull’atto ufficiale.

«Ci sono cose che in un mandato fai per dovere e cose che fai con piacere. Stavolta ho dato la cittadinanza al mio amico Regis, un esempio di straniero che si è integrato attraverso il lavoro. Lui e la sua famiglia vivono il paese, animano la scuola e le piazze».

Regis, sei in Italia da 15 anni: raccontaci di te...

«Allora c’era la guerra nel mio paese e ho deciso di scappare e venire qui in Italia, dove avevo degli amici. Ho studiato alla all’Enaip di Calalzo, dove ho conosciuto mia moglie Nana Baruche, originaria del Camerun. Ho sempre lavorato come cuoco, dopo la scuola: prima a Caorle, poi al rifugio Auronzo a Misurina, all’albergo Bel Sit di Valle, all’albergo Carnia in Friuli; quindi sono passato allo Sky Bar di Tai di Cadore dove sono da 12 anni e dove mi trovo benissimo».

E nel frattempo hai messo sù famiglia.

«Esatto. Sono nati tre figli, Nathan (2004), Jessica (2006) e Victoire (2008), che frequentano le scuole medie i primi due, e l’asilo l’ultima. Abbiamo anche una figlia adottiva, Pascale (1992), che studia scienze sociali all’Università di Parma. Lei», spiega Regis, «aveva un problema all’occhio che in Congo non riuscivano a risolvere, quindi l’abbiamo fatta venire qui in Italia per operarsi, poi l’abbiamo tenuta con noi e alla fine adottata».



Perché hai chiesto la cittadinanza italiana?

«Perché in Italia mi trovo bene», spiega, «lo ritengo ormai il mio Paese. E poi per i miei figli: io infatti avevo un permesso di soggiorno a tempo indeterminato, ma per loro era diverso; adesso, essendo cittadini italiani, possono godere di tutti i diritti che ne conseguono. Ad esempio Pascale non ha potuto accedere, non essendo ancora italiana, ad uno stage all’UE. Ora le sarà possibile».

Cosa pensi della legge sullo ius soli?

«Che si tratta di una buona legge, spero possa essere approvata presto; se no sarà stata un’occasione mancata».

Oltre al lavoro di cuoco, quali sono i tuoi interessi?

«La famiglia, anzitutto, poi la musica gospel: suono la pianola e la chitarra e canto nella Chiesa Evangelica di Pieve ed a scuola, quando me lo chiedono. Poi frequento spesso il centro di accoglienza per i profughi di Pieve perché penso sia importante per questi ragazzi, che arrivano in un Paese nuovo e da situazioni così difficili, avere una figura di riferimento in una persona come me che si è inserita e che può dare loro dei consigli».

Il tuo piatto preferito?

« Gli spaghetti alla carbonara, senza nessun dubbio».

«Sono contentissimo», commenta Luca De Carlo, « perché questo è un esempio di quella integrazione a cui tutti ambiscono, basata su emancipazione e lavoro. Forse può sembrare strano che avvenga in un paese come Calalzo, da sempre contrario ad ospitare i profughi, ma noi siamo per l’integrazione, non per l’accoglienza indiscriminata. Faccio notare che Calalzo ha una percentuale dell’8,3% di extracomunitari su un popolazione di 2.000 abitanti, due punti più della media provinciale. Da noi gli extracomunitari regolari si integrano bene grazie al grandissimo lavoro della scuola. Regis è un esempio».

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