Il futuro del Vajont: sulla centralina Longarone si divide SONDAGGIO

Il fronte è spaccato tra chi guarda al passato con occhi lucidi e chi preferisce pensare invece al futuro
Una veduta della diga del Vajont
Una veduta della diga del Vajont
LONGARONE. Realismo ed etica, economia spicciola e memoria. Il dibattito sulla centralina del Vajont non è una dissertazione accademica, né potrebbe esserlo all'ombra della diga più tristemente nota del mondo. Il fronte è spaccato tra chi guarda al passato con occhi lucidi e chi preferisce pensare invece al futuro. Basta fare un giro in piazza per capire che a Longarone ci sono due anime. Con queste dovranno fare i conti i primi cittadini che accanto al Gsp hanno progettato l'impianto sul torrente a Ponte Campelli nel territorio di Castellavazzo. «E' inutile sprecare l'acqua», afferma Silvano Fattor, «è una ricchezza che deve essere sfruttata con intelligenza». A pochi metri di distanza però Marco Filippin la pensa diversamente: «Non mi sembra giusto fare investimenti. Occorre piuttosto conservare la memoria e non speculare. E poi, a dirla tutta, ci sono altri torrenti». Sulla falsariga c'è anche Adriano Da Gas, originario di Podenzoi: «Il Vajont deve essere rispettato». Si dichiara "sfavorevole" Gabriella Da Col: «Il progetto è prematuro, soprattutto per i superstiti», dice Da Col, sottolineando come a Longarone lo stesso 9 ottobre sia ricordato in maniera diversa: «Per qualcuno è diventato un semplice giorno di festa, per altri un momento di commemorazione. Oggi dobbiamo pensare a questi ultimi». Sulla via principale di Longarone c'è una signora di Erto: «Abbiamo già sofferto per tre generazioni, forse è il caso che ci riprendiamo l'acqua e ce la gestiamo noi». Un'autonomia che viene rivendicata anche da Nicola Mariot: «Sono favorevole solo se i soldi restano qua. Bisogna essere realisti». C'è poi la questione "morale". Qualcuno se la pone e dice di no, come il giovane Denis Sadechi, qualcun altro dice che non c'è e che bisogna guardare al presente. E' il caso dell'edicolante, Claudia De Bona: «Anche il risparmio energetico è un obiettivo valido», sostiene. E' irrequieta la signora Anna. Il nome è di fantasia come chiede espressamente: «Ritengo che l'umanità non abbia bisogno dell'energia del Vajont, no davvero». Parte dalle stesse premesse ma arriva a conclusioni opposte Fabio Fain, un superstite: «Se i morti del Vajont fossero vivi direbbero di sì perché è un' opportunità per un paese che ha già sofferto troppo». Concetta Mario è possibilista: «Sarei favorevole, ma vorrei conoscere il progetto. A pensarci mi tremano le gambe».

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