Il ghiacciaio non si ritira grazie all’inverno nevoso

Per la prima volta dopo 40 anni la Marmolada trattiene fino a 2 metri di neve Ma gli esperti sono cauti: «Perchè si solidifichi ci vogliono due anni o forse più»
Il ghiacciaio della Marmolada con i suoi crepacci sullo sfondo Punta Penia dove arriva la ferrata
Il ghiacciaio della Marmolada con i suoi crepacci sullo sfondo Punta Penia dove arriva la ferrata

ROCCA PIETORE. Per la prima volta, dopo 40 anni, la Marmolada non ha perso neppure un centimetro di ghiaccio. Anzi, potrebbe guadagnarne qualche decina. Ma per quantificare l’aumento bisognerà attendere almeno due anni. Lo precisa Gianluca Tognoni, del Servizio meteo trentino che insieme ai colleghi sta controllando l’andamento dei ghiacciai nella sua provincia, il più grandi dei quali copre le quote alte della regina delle Dolomiti. Un evento – la controtendenza registrata fino ad oggi (bisognerà attendere le misurazioni di metà settembre per sapere quanto ha resistito durante l’estate) – che si è meritato ieri un lungo servizio sul Tg1.

«I dati sono positivi, ma» ammette lo stesso Tognoni «bisogna prenderli con le pinze».

Dall’inverno scorso sono caduti, fino agli oltre 3 mila metri di punta Rocca, più di 1500 cm di neve. Le basse temperature, il sole comparso soltanto in rare circostanze e le precipitazioni piovose contenute hanno fatto in modo che la coltre bianca si consumasse a rilento. Ad oggi, pertanto, la Marmolada è riuscita a trattenere fra i 50 cm ed i 2 metri di neve; di più dove non battono né il sole né il vento.

«Neve, però, che non si è trasformata ancora in ghiaccio» precisa Tognoni. «Quel ghiaccio che quanto è più trasparente, tanto più certifica la sua compattezza». Per raggiungere questo risultato ci vogliono almeno due anni, forse addirittura tre, di solidificazione evidentemente. Non sono tuttavia sufficienti i 200 centimetri di neve rimasti, occorre che nei prossimi inverni e nelle future primavere le precipitazioni continuino abbondanti come nella passata stagione. «Se questo si verificherà, potremo senz’altro registrare un bilancio finalmente positivo per questa montagna». La cosiddetta ablazione, cioè il consumo della superficie di ghiaccio, ha registrato un regresso annuo, negli ultimi lustri, tra i 2 ed i 4 metri l’anno. Scarso il recupero per le nevicate più abbondanti. L’equilibrio in Marmolada si presenta molto incerto. «È già importante, in ogni caso, la stabilità riscontrata quest’anno», conclude Tognoni.

«I teleschermi nazionali hanno dato una lettura enfatica di un fenomeno che hanno rilanciato come un’inversione di tendenza. Andiamoci piano» consiglia Gigi Casanova, che conosce la Marmolada come le sue tasche, vivendoci poco distante, «non contrabbandiamo dati (comunque positivi, ma parziali), per quelli definitivi di un recupero. La neve non vuol dire automaticamente ghiaccio. Sulla Marmolada cadono in media 5, 6 metri l’anno, ma quando mai si sono trasformati in ghiaccio?». Secondo l’esponente degli ambientalisti di Mountain Wilderness, bisogna attendere non 3, ma almeno 5 anni per poter certificare un autentico cambio di verso. Casanova ritorna, a questo punto, sul Patto per la Marmolada, sottoscritto “saggiamente” anche dalla Società Funivie della famiglia Vascellari, per osservare che la rinuncia all’eliski si è rivelata un’intuizione anticipatrice di questa esigenza di conservazione. Preoccupazione che è condivisa anche da Andrea De Bernardin, il sindaco di Rocca. I due ne hanno parlato a margine della protesta contro la centralina idroelettrica. «Insieme al sindaco abbiamo constatato, con allarme» riferisce ancora Casanova «quanto il ghiacciaio rischi di essere inquinato, dalle sostanze che cadono dall’atmosfera. A tratti si presenta addirittura annerito». Un rinnovo, dunque, è urgentissimo anche in questa prospettiva.

Francesco Dal Mas

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