Il giudice Fabbri: «Ostruzionismo e burocrazia: gli ostacoli esistono ancora»

Archivio Vajont. «Siamo solo all’inizio di un grande lavoro. Perché non finisca nel nulla, bisogna che ci siano un coinvolgimento e un impegno unanimi"

BELLUNO. «Siamo solo all’inizio di un grande lavoro. Perché non finisca nel nulla, bisogna che ci siano un coinvolgimento e un impegno unanimi, che vadano a toccare legislatore, enti a diversi livelli e gli stessi cittadini. Il progetto va infatti a scontrarsi con una realtà, quella attuale, in cui un processo come quello del Vajont non si potrebbe più fare: con le leggi attuali, sarebbe stato bloccato ancora prima di iniziare gli accertamenti».

Nel percorso per la candidatura dell’archivio del Vajont un contributo fondamentale è stato dato da Mario Fabbri, che nel 1968 fu il giudice istruttore nell'inchiesta penale relativa ai drammatici fatti del 9 ottobre 1963. «Già da quando ero procuratore della Repubblica appena nominato avevo sostenuto che gli atti del Vajont dovevano tornare a Belluno», ha ricordato Fabbri. «Negli anni, sulle vicende di quel 1963, tanti passi avanti sono stati fatti. Ma c’è ancora molta strada da fare. Il sovrapporsi di ostacoli burocratici e ostruzionismo che rallentarono le indagini sulla tragedia del Vajont si sono poi ripresentati in altre vicende, e si vedono anche ai giorni nostri».

«Da qui alla risposta che arriverà dall’Unesco», fa presente la Visalli, «attiveremo tutta una serie di iniziative per coinvolgere le istituzioni, a livello locale, ma anche nazionale. Dietro alla candidatura c’è una grossa progettualità, che tocca i livelli socio-culturali, economici e politici».

Kevin Considine, vice sindaco di Vajont, ha sottolineato come rendere disponibile l’archivio sia fondamentale soprattutto per le nuove generazioni, che non hanno conosciuto la tragedia se non tramite la memoria di chi invece l’ha vissuta. «Come Comune daremo tutto il nostro supporto in questo progetto di candidatura», ha detto Antonio Carrara, sindaco di Erto e Casso. (m.r.)

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