Il giudice ordina: l’assicurazione paghi
BELLUNO. Il 22 agosto 2009 fu una giornata terribile per l’intera provincia di Belluno, che perse quattro uomini, quattro soccorritori che ogni giorno rischiavano la vita per salvare gli altri. L’incidente di Falco, l’eliambulanza del Suem 118, caduto a Rio Gere dopo aver urtato un cavo della media tensione, fu soprattutto un dramma per le famiglie e gli amici di Fabrizio Spaziani, Dario De Felip, Marco Zago e Stefano Da Forno.
A distanza di oltre cinque anni da quella tragedia, c’è un elemento di ingiustizia insopportabile: la maggior parte delle assicurazioni non sono ancora state pagate. Cavilli burocratici e interpretazioni fantasiose stanno lasciando quattro famiglie in difficoltà e ora i legali della famiglia Spaziani hanno deciso di passare all’azione.
Dopo ripetuti solleciti, l’avvocato Alessandra Gracis ha presentato ricorso e ottenuto dal tribunale di Belluno un decreto ingiuntivo di pagamento per il valore di un milione e 113.500 euro, più gli interessi e le spese, a carico di Unipolsai Assicurazioni, titolare della polizza più corposa di cui ha diritto il figlio del medico morto a bordo di Falco. Il decreto ingiuntivo è stato emesso dal giudice Marcello Coppari il 9 ottobre, notificato il 17 e a breve scadranno i 40 giorni per la proposta di opposizione da parte di Unipolsai, che dopo aver promesso di liquidare la cifra dovuta (in origine un milione e 33 mila euro) ha tergiversato approfittando della fiducia della famiglia, fino a quando è trascorso un anno senza solleciti. Il cavillo sta proprio nei tempi di prescrizione, che in passato erano di un anno, poi portati a due e infine a dieci, ma con un errore del legislatore che ha dimenticato di comprendere il codice della navigazione.
Secondo Unipolsai il caso rientra nel diritto della navigazione, quindi la prescrizione è di un anno, quindi la famiglia che non ha fatto in necessario pressing non va più risarcita.
La stessa scusa viene mossa da parte di Unipolsai per un’altra assicurazione, quella da 500 mila euro, mentre Generali che deve pagare 250 mila euro, afferma che la polizza non copriva gli incidenti con l’elicottero. Naturalmente gli avvocati delle famiglie hanno carte da giocare, ma a questo punto è chiaro che solo un giudice potrà portare giustizia.
Per la seconda assicurazione è già stato fatto un tentativo di mediazione, al quale Unipolsai non si è presentata, mentre sta per partire la richiesta di mediazioni a Generali.
L’assicurazione principale, quella da oltre un milione di euro (inizialmente a carico di Milano Assicurazioni, poi Unipolsai), era stata stipulata in base alla convenzione per l’elisoccorso tra Usl 1 e Elidolomiti attraverso Inaer Helicopter Italia spa; la seconda da 500 mila euro era stata contratta dal Cai nazionale con Fondiaria Sai (oggi Unipolsai) e la terza da 250 mila euro era quella stipulata dal Soccorso Alpino con Assitalia, ora Generali.
Va segnalato anche che, dopo l’incidente del 31 agosto 2011, quando sul Pelmo morirono altri due uomini del Soccorso Alpino, l’assicurazione decise di “mollare” il Cnsas, a meno che non fosse stato disposto a pagare premi infinitamente più alti.
«Di recente la Corte Costituzionale ha affermato che esiste un valore costituzionale nell’attività delle assicurazioni», afferma con durezza l’avvocato Gracis, «com’è possibile che le più grandi compagnie assicurative del Paese inventino ogni scusa pur di non risarcire un bambino e aumentare le difficoltà di una famiglia già prostrata?».
Rabbia anche dal capo del Soccorso Alpino Rufus Bristot, che in questi anni ha tampinato le compagnie: «Essere qui a tanto tempo di distanza a parlare ancora di assicurazioni, per noi vuol dire riaprire ferite mai rimarginate, ma per i parenti rappresenta una beffa che moltiplica il dolore».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi