Il governatore Zaia ha chiesto a Mattarella di visitare il Bus de la Lum

Ha spiegato che il «gesto non vuole assolutamente dire revisionismo». L'invito a margine della cerimonia per il 25 aprile a Vittorio Veneto
Passerini Serravalle celebrazione del 25 aprile con il Capo Dello Stato Sergio Mattarella tra la gente
Passerini Serravalle celebrazione del 25 aprile con il Capo Dello Stato Sergio Mattarella tra la gente



«Ho invitato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a ritornare, per visitare la nostra foiba, il “Bus de la Lum”».

Così Luca Zaia, presidente della Regione, dopo che il capo dello Stato ha lasciato da soli due minuti Ceneda e il Museo della Battaglia. Mattarella ha accettato, a detta del governatore. Tanti sono stati gli applausi per il suo intervento sulla Resistenza, e così intriganti le domande dei giornalisti sulla distanza da Salvini, che il presidente si è sentito in dovere di evocare anche gli altrui drammi, quelle delle vittime dei partigiani.

Nell’inghiottitoio carsico del Cansiglio, profondo 225 metri, dove sul fondale, sotto ghiaia e rifiuti, sono stati trovati alcuni resti umani, negli ambienti della Rsi si dice che quei resti appartengano a ben 94 persone, mentre i dispersi si stimano attorno ai 300. L’ex presidente dell’Anpi di Treviso, Umberto Lorenzoni, recentemente scomparso, ha sempre respinto questa versione, come quella che nella foiba fossero state gettate persone vive, compresa una donna incinta.

Un rapporto dei carabinieri di Vittorio Veneto datato 16 luglio 1949 ipotizza che solo il Bus de la Lum possa aver inghiottito almeno 300 salme. A queste ne andrebbero sommate altre, finite in qualcun’altra grotta Cansiglio tanto che a suo tempo l’ex senatore Antonio Serena ha azzardato che il numero complessivo possa salire a 500. Pierpaolo Brescacin, ricercatore del Srev, ne “Il sangue che abbiamo dimenticato” sostiene per contro che «nel Bus de la Lum non è stata perpetrata alcuna strage», e che in esso «vennero recuperate complessivamente una quindicina di salme», attestando che «nessuna ferocia venne perpetrata nei confronti dei prigionieri, che vennero sempre passati per le armi prima di essere gettati nel pozzo».

Il Bus de la Lum è stato dichiarato monumento nazionale; sul ciglio è stata installata una grande croce in legno, con una lapide dei “Caduti senza nome”. Intorno all’apertura della voragine una rete, in condizioni precarie, che non impedisce però di gettarvi sassi e rifiuti, magari i resti dei picnic. «Ecco, questo spettacolo non si deve ripetere», afferma Zaia, «darò mandato a Veneto Agricoltura di fare una staccionata per un’area di rispetto, col divieto di compiervi pic nic. Come rispetto si chiede per il monumento alla Resistenza, lontano qualche centinaio di metri».

L’invito a Mattarella perché vi compia una visita «è nel segno della riconciliazione, che non vuol dire revisionismo, ma purificazione degli animi dai rancori per meglio collaborare per lo sviluppo della democrazia e della libertà». Il Bus de la Lum è, ancor oggi, il luogo dei raduni delle camice nere. E questa, probabilmente, è la prima purificazione da fare nei comportamenti. Mattarella ha concluso al Museo della Battaglia la sua visita. All’esterno lo aspettavano un migliaio di persone. Il bagno di folla è stato lungo. Ad applaudirlo un centinaio di bambini di Pieve di Soligo e di Solighetto, accompagnati dall’arciprete monsignor Giuseppe Nadal e dalle maestre, erano in ritiro per la prima comunione. «Fate i bravi», si è raccomandato il presidente, «buona prima comunione».

Il Capo dello Stato ha visitato il piano terra del Museo, complimentandosi per le «emozioni» che la struttura sa dare. In 4 minuti l’assessore Barbara De Nardi ha raccontato ogni particolarità dei contenuti. Si è commosso, il presidente, quando ha ricevuto in dono il libro delle foto del padre Bernardo Mattarella, che da ministro visitò Vittorio Veneto. «Questo museo», ha lasciato scritto nel libro d’onore, «ricorda la sofferenza e gli eroismi della grande guerra la cui conclusione è legata a questa città». —



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