Il Green pass a scadenza breve è una pesante incognita sul turismo dall’estero

Federalberghi e impiantisti chiedono al governo di riconoscere i certificati annuali degli altri Paesi
Francesco Dal Mas

BELLUNO. Il turismo invernale sta attraversando il deserto. Come accade ogni inverno, dopo l’Epifania. Ma quest’anno il tempo sarà più lungo, ancora due settimane, probabilmente. Con alberghi che hanno già girato l’interruttore, sino a fine mese. Ma dopo? Ecco la paura di queste ore: dopo che cosa accadrà? Arriveranno o no le settimane bianche?

«Gli sciatori stranieri, che da noi rappresentano il 60-70% della clientela di questo periodo, stanno sospendendo le prenotazioni», avverte Marco Grigoletto, presidente degli impiantisti aderenti all’Anef, «e non sappiamo se le confermeranno più avanti o le disdiranno definitivamente. Tutta colpa del super Green pass. O meglio, tutta colpa della durata differente che il certificato verde ha nei vari Paesi europei».

In Italia dall’1 febbraio la validità del certificato da vaccino o da guarigione varrà sei mesi. In Polonia un anno. «E i turisti polacchi hanno prenotato numerosi nei nostri alberghi. Pure gli svedesi, cechi, slovacchi», conferma Walter De Cassan, titolare de La Baita di Andraz e presidente provinciale di Federalberghi, «e così pure danesi, olandesi, per non dire tedeschi, austriaci, francesi. Chi arriva da noi è vaccinato, ma può contare su un certificato che va dai nove ai 12 mesi. Nell’Italia dei sei mesi, molti, dunque, sono esclusi».

Nel nostro Paese, inoltre, «in pista si scia solo col super Green pass fin da ragazzi, in Polonia e in altri territori», ricorda Grigoletto, « non c’è l’obbligo vaccinale per i minori ai fini di tutta una serie di attività, quindi tante famiglie rinunciano». Sergio Pra, albergatore di Alleghe e Caprile, ha prenotazioni straniere fino a marzo inoltrato, ma «i miei clienti sono pronti a confermare le disdette se non verrà sciolto il nodo del riconoscimento del certificato verde dei Paesi di nostro riferimento». Le conseguenze? «Gli alberghi con clientela straniera dovranno chiudere. E, purtroppo, licenziare il personale, se non interverrà la cassa integrazione».

Sabato sera il presidente De Cassan ha telefonato, rilanciando la disperazione dei colleghi, al parlamentare Roger De Menech. Domenica mattina De Menech s’è posto al computer e ha scritto una mail al ministro della salute, Roberto Speranza. Rappresentandogli, tra l’altro, questo dato: gli sciatori stranieri delle settimane bianche rappresentano il 65%, in talune skiarea addirittura il 70% delle presenze, almeno nel sistema Superski Dolomiti. Quindi sono irrinunciabili. Ho scritto al ministro che è un grave vulnus europeo non disporre di un Green pass condiviso fra tutti i Paesi dell’Ue. Un certificato dai medesimi contenuti e dalle medesime scadenze temporali. In attesa, però, che si perfezioni questa prospettiva, è auspicabile che l’Italia riconosca il certificato verde degli altri. Altrimenti ritornerà un lockdown di fatto nel settore turistico».

De Cassan e Grigoletto si augurano che già nel Consiglio dei ministri di questa settimana ci sia un pronunciamento in questo senso. «Le imprese venete hanno ancora poche settimane, poi inizieranno a licenziare se nessuno ci aiuta», è il grido di allarme di Federalberghi regionale.

«Come era stato previsto già prima di Natale, l’occupazione delle strutture alberghiere passa da un minimo del 10% ad un massimo del 40%. Il mercato internazionale è scomparso, e molte strutture hanno deciso che è più conveniente chiudere piuttosto che mantenere costi ormai insostenibili a fronte di nessun sostegno», spiega Massimiliano Schiavon, presidente degli albergatori veneti. In effetti, come conferma De Cassan, alcune strutture ricettive hanno già sospeso l’attività il 10 gennaio, lasciando i collaboratori in ferie o in riposo, ma «pronti purtroppo a licenziare se fra due settimane non si risolverà il problema».

Le strutture sono vuote e «non ci sono le forme di sostegno che permetterebbero la sopravvivenza delle aziende e dei posti di lavoro. Il tema della Cig è scomparso dai programmi del governo», lamentano Schiavon e De Cassan, «e l’aumento delle bollette dell’energia è una mostruosità».

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