Il grido disperato dei Mardari: «Noi chiediamo solo giustizia»

La sorella del boscaiolo morto in Trentino Ludmila non è alla ricerca di vendette: «Il titolare non si è mai fatto sentire e noi stiamo vivendo in un film dell’orrore»



La famiglia del boscaiolo vuole giustizia. Nessuna vendetta per una vita strappata, a soli 28 anni, in un bosco di Sagron Mis, a molti chilometri dalla nativa Moldavia. Nessuno restituirà più Vitali Mardari alla sorella Ludmila, ma dopo quel tragico 19 novembre è emersa una verità inaccettabile che ha portato la Procura di Trento a indagare l’imprenditore boschivo Riccardo Sorarù di Rocca Pietore per omicidio colposo e depistaggio. Dopo essere stato colpito dal cavo di una teleferica, il corpo del lavoratore è stato spostato con l’aiuto di un’altra persona, caricato sulla sua macchina e scaricato vicino ad una scarpata, prima di essere coperto con rami e legna. A qualcosa come 600 metri di distanza.

Una ferita profonda, che nemmeno il sorriso della bimba di nove mesi riesce a suturare: «Chiediamo giustizia, perché quello che è successo è troppo grave», implora Ludmila Mardari, «è come un film dell’orrore, che mi passa continuamente davanti agli occhi. Ci siamo rivolti a un avvocato per cercare di far valere le nostre ragioni, ma intanto la nostra vita è diventata buia e vuota da quando Vitali non c’è più».

Quello che sembrava un incidente, dovuto alla caduta di un albero, era tutta un’altra cosa e non si può morire mentre si sta cercando di guadagnare qualcosa, per aiutare la propria famiglia: «Mio fratello era una persona piena di iniziativa, generosa e anche prudente. Bisognava montare una teleferica, che era caduta, e ha accettato l’incarico da Sorarù, solo per quella giornata. A mezzogiorno avrebbe dovuto finire, ma un quarto d’ora prima è avvenuta la tragedia. Stava lavorando in nero, è vero, però questo è niente rispetto a quello che è successo. Ci hanno impedito anche di salutarlo per l’ultima volta: pensavo di trovarlo in ospedale e invece era già deceduto».

Non c’è alcun perdono ipocrita. Di quelli molto televisivi, ma poco realistici. Solo tanto dolore: «Il signor Sorarù non si è mai fatto sentire con noi e magari una sua telefonata sarebbe stata gradita. Vorremmo che ci spiegasse cosa è accaduto e come mai ha chiamato la Forestale, invece del 118 per i soccorsi».

I carabinieri di Primiero - San Martino di Castrozza sono stati messi sulla pista giusta dalla testimonianza di un altro lavoratore, che avrebbe aiutato l’indagato a rimuovere il corpo e occultarlo: «Sappiamo che si tratta di un ragazzo di 25 anni, ma non abbiamo altre informazioni. Non sappiamo davvero chi possa essere e perché non sia stato, a sua volta, indagato. I due ci avrebbero messo circa un’ora per organizzare una drammatica messinscena, mentre avrebbero potuto fare qualcosa, magari per salvare mio fratello che tra l’altro non era stato formato per fare quel tipo di lavoro».

La giornata di Vitali Mardari era cominciata prestissimo: «Si era svegliato all’alba, per arrivare ad Agordo entro le 7.15 e partire per Sagron Mis. Ha preso un caffè e una brioche e si è presentato puntuale. Ma non aveva un appuntamento con la morte e non posso pensare che non sia tornato a casa. Aveva un braccio e una gamba rotti, ma sono convinta che potesse salvarsi». —



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