Il lupo torna a colpire nell’Alto Agordino

Mangiata una vitella e ferite altre otto dell’azienda Dorigo, un allevatore rimasto solo a curare i terreni sopra Rocca Pietore

ROCCA PIETORE. Grido d’allarme per l’alpeggio e l’agricoltura in montagna. «Con i lupi non si convive. Via loro o via noi», protesta, prima con rabbia e poi accoratamente, Ezio Dorigo, di Malga Laste. I lupi sono tornati e nella notte di Ferragosto, tra il 15 e il 16, si sono mangiati un’altra vitella. Non soddisfatti, hanno messo le zampe su altre otto, che ieri mattina i fratelli Dorigo, Diego ed Ezio, hanno trovato ferite, accanto al corpo dilaniato di quella che (non) ha saziato il carnivoro.

«La bestia uccisa il 25 luglio, dunque, era solo un antipasto», denuncia, allargando le braccia, Ezio. Le proteste si moltiplicano, dal sindaco di Rocca Pietore, Andrea De Bernardin al suo collega di Livinallongo, Leandro Grones. «Da decenni qui si selezionano con tanto sacrificio e passione vacche da latte. L’agricoltura è parte integrante della montagna. Senza l’agricoltura la montagna è morta! Finita! Altro che turismo, eventi, chiusure passi, Unesco, trenino, Olimpiadi e balle varie», perde la pazienza Grones. «Basta frasi di circostanza, pacche sulle spalle e complimenti per chi vive e lavora caparbiamente in montagna con costi altissimi e pochi servizi; servono interventi immediati e concreti. Gli allevatori sono esasperati. Così non possono reggere. Vanno aiutati. Se è questo il costo della biodiversità, allora ne facciamo volentieri a meno».

La famiglia Dorigo l’anno scorso aveva ricevuto dall’Ana, con tanto di cerimonia, il Premio Fedeltà alla Montagna. «In queste ore siamo indecisi se restare. Abbiamo tanta voglia di andarcene», confessa Ezio, fratello di Diego. Ieri sera entrambi sono saliti lassù, dove svernano 50 vitelle, «tra le più belle delle Dolomiti», perché quassù le portano all’alpeggio le stalle dell’Alto Adige. E mestamente le hanno accompagnate a valle, nei pressi dell’agriturismo. Proprio sudtirolesi sono i capi che i lupi hanno divorato. I Dorigo garantiscono l’estate in quota a una novantina di capi; 40 sono in stalla, nei pressi dell’agriturismo. Sono le vacche da latte, che Diego ed Ezio curano con particolari attenzioni perché il loro latte sia di altissima qualità, come lo sono, in verità, i prodotti caseari, che vendono in tutta la provincia, addirittura prenotati di stagione in stagione.


I fratelli le hanno tentate proprio tutte per salvare l’alpeggio, lassù in faccia alla Marmolada, un panorama stupendo. Di notte si danno il turno per la veglia. «E non manca la paura», confidano, perché il lupo non si scoraggia davanti a nessun ostacolo, neppure a quello umano. Ieri Grones è salito al rifugio Cherz, sopra Arabba. Ha raccolto la testimonianza di chi, in auto, si è trovato davanti a un lupo, in pieno giorno. L’animale, che era a cinque metri, lo ha fissato immobile e quando l’uomo, con coraggio, ha aperto la porta dell’auto, il carnivoro, ha fatto dietrofront e se n’è andato.

«Nemmeno le pallottole di gomma? No, qui ci vuole la caccia di selezione», afferma Grones. E i fratelli Dorigo condividono. «Altrimenti», concludono non resta che andarcene noi, perché ogni altra forma di dissuasione non serve, tanto meno il recinto». —

Francesco Dal Mas

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI .

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi