«Il Maè tagliò in due l’abitato di Forno»

L’ex sindaco Scussel: «Comunicavamo grazie a una teleferica realizzata con la poltrona del barbiere»

VAL DI ZOLDO. Paesi interi invasi dalla furia dell’acqua e del vento. Zanettini e Scussel stanno raccogliendo le testimonianze di chi, in quelle giornate di mezzo secolo fa, era presente e visse sulla propria pelle quei terribili momenti.

Lo stesso Scussel ha ricordi molto vividi: «Nel 1966 ero in collegio a Pordenone, come tutti i figli dei gelatieri», racconta. «In quei giorni di inizio novembre mi trovavo a casa. Quel che mi è rimasto molto impresso è il forte vento che faceva penetrare la pioggia oltre finestre chiuse e serrande di legno abbassate. Mi furono assegnate quattro finestre e il compito di raccogliere l’acqua che entrava».

Scussel ricorda poi che un suo amico di Fornesighe, la sera del 3 novembre, era in compagnia di alcuni amici al bar. Tornato a casa e andato a letto, sentì delle gocce d’acqua cadergli addosso. Cambiò stanza e tornò a dormire. Ma più tardi la mamma andò ad avvisarlo di quel che era accaduto: il vento aveva portato via il tetto della casa e l’acqua penetrava dai muri non intonacati. A Goima un’abitazione appena costruita, in località Pantano, venne investita da una colata di terra, così violenta che tolse l’intera casa dalle fondamenta.

Queste ultime rimasero, mentre l’abitazione compì mezza rotazione e collassò, per essere poi spinta nel Duran. Delle due auto che erano in garage non fu trovato più nulla. E pochi minuti prima dell’evento fu portato in salvo un bambino di 4 anni.

«Il giorno 4 il Maè tagliò in due l’abitato di Forno», dice ancora Scussel. «La parte del municipio veniva servita da elicotteri, mentre Forno di sotto rimaneva isolato. Il ponte era stato distrutto. Umbertino Lazzari, che aveva costruito teleferiche in Africa, ne fabbricò una: su di essa venne attaccata la sedia del barbiere e questo permetteva di far passare persone, viveri e acqua (non c’era quella potabile). Con la teleferica operavano volontari a turno, tra cui don Arnaldo, che ora non c’è più». In quei giorni mancavano quindi acqua (che venne ripristinata con le forze in loco) ed energia elettrica. Scussel tiene a sottolineare che non mancò mai, però, la solidarietà tra le persone: «Basti fare un esempio. A Bragarezza una frana investì diverse case e gli abitanti vennero subito ospitati dai parenti. Anche la mia famiglia accolse otto persone».

«Un abitante di Goima stava costruendo casa a Zoppè», aggiunge Scussel riportando altre testimonianze. «Il giorno 3, alle 15, cominciò a nevicare. Con gli altri che erano con lui sospese il cantiere e mise le catene all’auto. Arrivati a Dont, per giungere a Goima ci vollero due ore e mezza. Andò a dormire con mezzo metro di neve: di notte si svegliò per pioggia e vento, guardò fuori dalla finestra e la coltre bianca era completamente sciolta». (m.r.)

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