Il mestiere? «Sono maniscalco»
Damiano Prizzon, 26 anni, è conosciuto ovunque: «Si lavora per molte ore»

Fin da bambino l'amore per il mondo della natura. Alle scuole medie cinque acquari con ben 30 specie di tartarughe, di cui conosceva tutti i nomi scientifici in latino. E poi scaffali di libri sulle diverse specie animali e la loro fisiologia, sulle tecniche di allevamento e i meccanismi di adattamento. La scelta, come scuola superiore, dell'Istituto agrario "Antonio Della Lucia" di Vellai a Feltre e, durante l'estate, uno stage presso malga Montegal di Valmorel. È proprio qui che inizia l'"avventura" di Damiano Prizzon, 26 anni la prossima settimana. Un'avventura che lo ha portato a intraprendere una professione, quella del maniscalco, non molto diffusa, specie tra i più giovani.
Cosa ti ha portato a decidere di diventare maniscalco?
«È iniziato tutto per caso. Certo, ho sempre avuto passione per gli animali: a 15 anni ho preso Lina, un'asinella e, nel 2001, il mio primo cavallo, Mary Lex. La mia intenzione era diventare guardia forestale. Immaginavo di lavorare con gli animali, ma non avrei mai pensato di fare il maniscalco. Poi, durante lo stage in malga, ho conosciuto Severino De Min, che svolgeva questa professione. Dopo avermi visto lavorare con gli asini mi ha detto "Se vieni a lavorare con me, ti ferro il cavallo gratis". Ho passato con lui l'estate e da lì è cominciato tutto».
Avrai dovuto seguire un percorso di formazione. Quali corsi ci sono per poter intraprendere la tua professione?
«Ho iniziato tra i 17 e i 18 anni imparando la mascalcia nel periodo estivo. Mi ero poi iscritto all'università, a Scienze e tecnologie per l'ambiente e la natura. Ho conciliato studio e lavoro per un paio d'anni, poi la decisione importante: nel 2006 un anno in Toscana, a Grosseto. Lì ho frequentato il 23º corso per maniscalchi civili al Centro militare veterinario, unica scuola italiana riconosciuta a livello europeo dove apprendere il mestiere. Si tratta di una struttura dell'Esercito, aperta anche ai civili. Undici mesi di corso: 1.100 ore di forgiatura del ferro, prove teoriche e pratiche sui cavalli, insegnamenti di veterinaria, podologia. Il 21 luglio 2007 il diploma e, tornato a Belluno, ho aperto la partita Iva e mi sono messo in proprio».
È stato difficile riuscire ad "affermarti"? Lavori tutto l'anno?
«Mi sono costruito una bella clientela, il grosso è qui in provincia di Belluno, ma giro per tutto il Triveneto: ho clienti a Moena, Predazzo, Treviso, Padova, Val di Fiemme, Trento e un paio in Alto Adige. Molto spesso le persone da cui vado a lavorare diventano amici, oltre che clienti. Lavoro per tutto l'anno, con una punta nel periodo estivo, anche 12 ore al giorno».
Come credi sia percepita la tua professione? Se dovessi descriverla a chi non la conosce cosa diresti?
«L'arte della mascalcia consiste nella ferratura e nel pareggio (ossia il taglio delle parti eccessive) dello zoccolo del cavallo, asino e mulo. Era fondamentale in passato ma oggi non è affatto superata. Chi possiede cavalli lo sa: il piede è la parte più importante. Per un cavallo da sella ci vuole un'ora e mezza circa di lavoro; per uno da tiro il doppio. Gli inglesi dicono "no feet, no horse": se lo zoccolo sta male, soffre tutto il corpo del cavallo. Il veterinario rimane il referente, il maniscalco collabora con lui nel caso di patologie agli arti inferiori. Fondamentale è poi il rapporto con il proprietario, oltre che con l'animale. È il primo che fornisce tutte le informazioni su eventuali problematiche. Ci vogliono conoscenza e fiducia».
Anche in base alla tua esperienza, ritieni ci sia un adeguato sostegno nei confronti dei giovani che vogliono mettersi in proprio?
«Credo che uno dei problemi stia nel fatto che c'è troppa burocrazia. E forse si tende a "tirare un po' indietro" chi ha voglia di mettere su un'attività. Spesso manca qualcuno che dia indicazioni chiare su quello che bisogna fare per diventare artigiani o altro. Ci vuole anche la fortuna, come è successo a me, di incontrare qualcuno che ti dia un'"infarinatura" giusta».
Che consigli ti sentiresti di dare a un giovane che pensa di avviare un'attività?
«Non bisogna aver paura di lavorare, anche se si tratta di tante ore. Un'attività in proprio spesso non si può programmare. E poi non arrendersi alla prima difficoltà, impegnarsi per passione, non considerando solo il lato economico. Ma anche essere sempre cortesi e umili: mai pensare di essere arrivati. Dal piccolo al grande lavoro si deve mettere sempre lo stesso impegno. È così che si ottiene la fiducia delle persone».
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