Il metalmeccanico si ferma: è sciopero
BELLUNO. Impianti fermi per sciopero. Per non morire più di lavoro. L’infortunio mortale alla Pandolfo, costato la vita a Marcello di Leonardo, ha riaperto gli occhi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, che la crisi economica ha relegato sottotraccia nell’attenzione di aziende e sindacati. Oggi il settore metalmeccanico bellunese resterà a braccia incrociate un’ora alla fine di ogni turno «per denunciare un episodio umanamente e sindacalmente inaccettabile, il diritto alla vita di un lavoratore è un bene assoluto che nessuno può cancellare», tuonano Fim, Fiom e Uilm che l’hanno proclamato.
I dati Inail parlano chiaro: da gennaio a ottobre di quest’anno, l’economia provinciale ha contato sei morti sul lavoro (sette con l’incidente alla Pandolfo della scorsa settimana): poco meno di un morto al mese. Certo, l’Inail conta anche il pensionato che muore facendo legna nel bosco, ma nel 2015 le vittime furono tre. Agghiacciante anche il numero generale degli infortuni: 2.400, sempre da gennaio a ottobre 2016, cioè 240 al mese, otto al giorno. L’anno scorso furono 2.273.
Una mattanza che pesa doppio, perchè il tessuto produttivo ed economico bellunese si è ristretto per crisi e molte aziende hanno chiuso i battenti. Ma nonostante il minor numero di lavoratori attivi, gli infortuni sono cresciuti.
Quindi? «Credo che il problema di come uscire dalla crisi economica ci abbia fatto perdere per strada qualche pezzo», dichiara Mauro De Carli, segretario provinciale Cgil. «Forse, in attesa della ripresa a inizio anno, sia noi che gli imprenditori abbiamo abbassato la guardia, prestando meno attenzione. Va ripresa in mano tutta la materia e va sviluppata. La sicurezza serve per migliorare i luoghi di lavoro: credo che le aziende non lo abbiano fatto al 100%, non posso dire che il sindacato non lo abbia fatto, ma probabilmente eravamo tutti presi a cercare la via per uscire dalla crisi e questo ci ha fatto perdere qualcosa per strada. Qualcuno si è dimenticato della sicurezza: non è un'accusa, ma è la prima analisi a bruciapelo dopo la tragedia di Lentiai. In Veneto i morti sono stati 99 finora, ma quel che più sconvolge è che calano gli infortuni in itinere, sulla strada, e aumentano quelli mortali in fabbrica. Quindi torneranno a riaprirsi i tavoli sul tema, cercheremo di far sì che siano centrali rispetto al fare produttività».
Si inizia l’ultima settimana dell’anno: Cgil, Cisl e Uil confederali chiameranno anche Spisal e enti per fare il punto della situazione. «L’attenzione non va lasciata cadere. Come sappiamo l'imponderabile purtroppo c'è sempre e l'episodio mortale ci fa richiamare l'attenzione sul tema», spiega Rudy Roffarè, segretario Cisl. «Detto questo, c'è però un problema di calo di attenzione rispetto alla sicurezza in generale: bisogna fare di tutto perchè morti e infortuni tendano a zero. Con la crisi, sono diminuite le ore di lavoro, quindi sono diminuiti gli infortuni, ma poi sono tornati a crescere in maniera direttamente proporzionale alla ripresa produttiva e purtroppo i piccoli incidenti non vengono quasi mai alla luce. Abbiamo l'impressione che a volte aumento di produttività, carichi di lavoro e una vita sempre più frenetica possano comunque portare a situazioni di difficoltà. Noi abbiamo il dovere di agire, affinché tutti siano messi nelle condizioni di poter operare. Molte aziende continuano a investire in sicurezza e a fare formazione, molti sono però anche i punti critici in certe aziende: fare il punto della situazione tra sindacati significa fotografare le anomalie e i pericoli che incontriamo in certe aziende, ma anche in altri settori, penso a camionisti, lavoratori autonomi e a chi lavora negli ospedali. In questi anni di crisi correvamo dietro le emergenze, volevamo salvare posti e aziende e abbiamo tralasciato un po' la sicurezza, che è sempre stato un patrimonio per noi: abbiamo molti delegati che si impegnano con passione perchè ci sia la massima attenzione, che studiano, approfondiscono e con pochi mezzi sono sempre lì a spingere le aziende a fare il massimo».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi