Il mondo multietnico di Fiorella Mannoia incanta il Comunale - FOTO

BELLUNO. «Non c’è nessuna Bossi-Fini che possa fermare il futuro di un mondo multietnico, che piaccia o meno».
L’urlo di Fiorella Mannoia è volato altissimo anche da Belluno. In poche parole è riassunto il significato di due ore di spettacolo bellissimo, davanti a un teatro comunale gremito in ogni ordine di posti e incantato dall’artista romana, che fa arrivare dritto al cuore i suoi messaggi dal Sud del mondo, depredato da un Occidente che basa il proprio benessere anche su questo saccheggio.
È una Mannoia in grandissima forma, mai ipocrita quando parla di temi in cui crede molto, ma anche molto divertita quando il pubblico sbaglia a intonare le strofe di “Quello che le donne non dicono”: «Eh dai… avete mescolato due strofe». Oppure quando un signore dal fondo della platea le rovina con un urlo il finale del “Cielo d’Irlanda”. Fiorella si ferma, riparte con la canzone e si rivolge a lui: «Mo sta zitto però…». Lo stesso pubblico che l’aveva aiutata durante Sally, quando un calo di voce improvviso aveva quasi fatto temere la sospensione del concerto. Sul palco arriva una bottiglia d’acqua e la voce torna d’incanto. «Senti che bel rumore…», dice sorridendo riferendosi al pubblico che canta: «Grazie per averla fatta al posto mio, sono cose che ogni tanto capitano».
Ma, incidente di percorso a parte, la voce è quella di sempre. Una delle più grandi interpreti della canzone italiana, a 58 anni, si diverte ancora come agli inizi della carriera. Si presenta scalza sul palco, vestito lungo grigio e fisico ancora invidiabile. Si inchina per ringraziare quasi sorpresa quando un bellunese le porta un pacco regalo e manda anche dei baci a una bambina in seconda fila, che l’ha mangiata con gli occhi per tutto il concerto.
Ventuno canzoni e due ore di show arrangiato splendidamente, con la voce del senegalese Natty Fred a duettare con lei e, chiudendo gli occhi, a far volare la mente verso quel Senegal che è una delle capitali della musica mondiale. Quel Senegal da cui vengono anche Kaw Sissoko e la sua kora, uno strumento africano tanto affascinante quando efficace.
La band è di prim’ordine e l’assolo del percussionista Arnaldo Vacca porta quasi il pubblico nei mercati del Sud, quelli in cui si sente un grande urlare fra le bancarelle.
I brani dell’ultimo disco “Sud” si mescolano con capolavori di Fossati come “I treni a vapore”, “Mio fratello che guardi il mondo”, oppure “Buontempo”, con cui chiude il concerto.
«Bentornati», dice, «che bello essere ancora a Belluno dopo tanti anni. In questo disco è la prima volta che ho provato a scrivere dei testi. Chissà come mai così tardi? Forse per paura di confrontarmi con i grandi cantautori che hanno composto le mie canzoni. Poi tutto è scattato quando Tony Bungaro mi ha fatto ascoltare una musica e la mia mente è volata a quando ero bambina, agli anni 60», sospira, «gli anni del boom, quando un popolo ingenuo ma unito sognava un grande futuro. Ora, invece, il nostro futuro è incerto e non sappiamo che fine faremo. Ma solo uniti ce la possiamo fare».
E’ l’immigrazione a farla da padrone nei testi di “Sud”. «Ho parlato a lungo con i miei musicisti, le loro storie mi hanno ispirato. Gli immigrati sono in mezzo a noi, ma sembrano invisibili. Ma basterebbe poco per avvicinarsi a loro, basterebbe una domanda».
La canzone Luce è «del mio amico Luca Barbarossa, parla della compassione, il sentimento più bello che può avere un uomo. E in questi giorni, parlando di compassione, mi viene in mente Taranto, che ha bisogno anche di noi».
La partenza verso paesi lontani con un destino da scoprire si trova anche nel brano In viaggio. «Cosa può pensare una madre quando un figlio va via? Magari non sapendo se potrà mai più rivederlo. Ma vale per un immigrato, così come per una madre che vede il figlio andare in un’altra città a studiare, oppure semplicemente che va via di casa. Io non ho figli, ma le donne che sono qui in sala sanno che tutte noi siano delle madri».
“L’amore si odia” è il regalo fatto all’amica Noemi, mentre “Non è un film”, che ha vinto il premio Amnesty Italia, è dedicata a Thomas Sankara, come tutto il tour. «Non molti lo conoscono purtroppo. Fu presidente del Burkina Faso dal 1984 al 1987 e in tre anni il suo paese fu trasformato dal più povero d’Africa a paese che poteva vivere delle sue risorse. Vedete, quando la politica funziona è così. Il suo slogan era: aiutateci a non aver bisogno di voi. Ma si scontrò contro gli interessi dei paesi ricchi e delle multinazionali. Fu assassinato a 38 anni. Sono idee difficili da portare avanti, ma ricordare queste idee e diffonderle fanno in modo che questi uomini non siano morti invano».
Grandissime e divertenti le versioni di “Via con me” di Paolo Conte e “Clandestino” di Manu Chao, in cui l’ultimo ritornello diventa «precariato clandestino, esodato clandestino, spread… illegal», accolto con un grandissimo applauso.
Immancabile “Che sarà”, il capolavoro di Chico Buarque tradotto in italiano da Ivano Fossati. E prima del gran finale con “Buontempo” e la “ola” della band, c’è anche uno splendido omaggio a Lucio Dalla con “Cara”. Bentornata Fiorella. Ti aspettiamo presto per il quarto concerto a Belluno.
La scaletta del concerto. I treni a vapore - Io non ho paura - Se il diluvio scende - Dal tuo sentire al mio pensare – Sally - Se solo mi guardassi - I dubbi dell’amore – Luce - In viaggio – L’amore si odia – Quando l’angelo vola – Non è un film – Via con me – Clandestino – Portami via – Che sarà – Quello che le donne non dicono – Mio fratello che guardi il mondo – Il cielo d’Irlanda – Cara – Buontempo.
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