Il murales Beffa di Baldenich ancora oggetto di vandalismo
Questa volta non c’è una firma, né una qualche scritta che identifichi con certezza la matrice del gesto; fatto sta che l’ennesimo attacco al murales dedicato alla Beffa di Baldenich difficilmente può essere attribuito a una ragazzata senza senso o ai danni provocati dal maltempo di questi giorni. Nemmeno la data del fatto è certa, ma la vicinanza con il 25 aprile non può che accostare ancor di più il fatto di aver staccato la targa apposta sotto l’opera ad una provocazione politica di stampo ben chiaro.. «In realtà eravamo stati avvisati del fatto già qualche giorno fa, ma abbiamo scelto di non denunciarlo pubblicamente per non dare visibilità a un gesto così infame», spiegano dalla Casa dei beni comuni, promotrice della manifestazione artistica Clorofilla che, nel 2016, aveva permesso di realizzare il murales, «abbiamo già pronta la nuova targa per sostituire quella rimossa, aspettiamo solo che il muro sia ben asciutto dopo la pioggia di questi giorni per rimetterla al suo posto».
Già quando la targa fu affissa c’era chi temeva che non sarebbe durata a lungo e oggi gli organizzatori mettono le mani avanti: «Potranno rimuoverla cento volte, ma noi per cento volte la rimetteremo». Questa volta, però, non ci sarà alcuna cerimonia ufficiale: «Per noi è come se non fosse successo nulla, non abbiamo bisogno di dare visibilità a questa gente e ai loro gesti». «Per quanto possa non piacere a qualcuno, la storia ha decretato dei vinti e dei vincitori», commenta l’assessore Marco Perale, «da una parte chi faceva la guerra con Hitler, dall’altra chi lottava per la democrazia e il mondo libero. Purtroppo c’è chi non si rassegna e cerca con gesti ben poco coraggiosi di rivendicare le proprie ragioni dettate solo dall’ignoranza, ma è come se si volesse tornare al feudalesimo o alla servitù della gleba. Studiare la storia farebbe bene a tanti».
La lince che imbraccia un fucile giocattolo, realizzata dall’artista bellunese Ericailcane è il simbolo dell’azione compiuta nel 1944 da un gruppo di partigiani italiani e sovietici guidati dal comandante “Carlo”, Mariano Mandolesi, che riuscì a liberare un gran numero di prigionieri politici senza bisogno di sparare nemmeno un colpo e riuscendo addirittura a ripetere l’azione l’anno successivo. La rabbia contro un’opera che evidentemente non lascia tranquillo qualcuno, invece, pur essendosi sfogata anch’essa due volte nel giro di un anno, ha un sapore ben meno beffardo ed epico. Il murales di Ericailcane, infatti, era stato già stato vittima di un atto di vandalismo lo scorso anno, in giugno, quando qualcuno aveva tracciato con la bomboletta alcune croci celtiche e la scritta “me ne frego” su due lati della cabina dell’Enel che ospita l’opera.
Ci fu una partecipata manifestazione che si tenne ai piedi del murales poche ore dopo il ritrovamento dello sfregio. In quella occasione fu affissa la targa che, come concordato con l’artista stesso, non serviva a cancellare i segni lasciati dai vandali notturni, ma, anzi, li inglobava nel senso stesso dell’opera, sottolineando come l’odio di oltre settant’anni fa sia ancora tristemente e pericolosamente vivo. —
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