«Il pannello va rimosso dalla piazza»

Confermata la sentenza del Tar sull'opera in piazza dei Martiri a Belluno: ora l’ultima parola spetta al Comune. Un “processo” lungo 19 anni

BELLUNO. Il pannello di San Martino installato sulla facciata est del palazzo Ina Assitalia in piazza dei Martiri va rimosso. Lo hanno deciso i giudici del Consiglio di Stato confermando così la sentenza di quattro anni fa del Tar (Tribunale amministrativo regionale) di Venezia, legittimando, dopo quasi vent’anni, il provvedimento del sindaco di Belluno Gianclaudio Bressa. Il primo cittadino di allora, infatti, dopo aver acquisito alcuni pareri contrari, revocò l'autorizzazione edilizia all'Ina. Un'autorizzazione rilasciata dal Comune nel lontano 1992 con la quale si permetteva all'Ina Assitalia di posizionare l'opera di Vincenzo Munaro (composta da un pannello di grandi formelle in ceramica del peso di 60 quintali) sulla facciata del palazzo che dà su piazza dei Martiri.

L'opera dell'artista bellunese non riscosse l'unanimità dei consensi ed il sindaco incassò i pareri contrari della commissione edilizia e della Sovrintendenza. Secondo queste, infatti, il pannello non rispettava le prescrizioni di natura estetica che avevano indotto il Comune a concedere all'Ina l'autorizzazione edilizia di esporre l'opera. Le prescrizioni imponevano che il pannello dovesse avere colori tenui e che tra l'opera e la scritta dell'Ina ci fosse un evidente stacco. A quel punto il sindaco emise un provvedimento di revoca dell'autorizzazione edilizia ed ordinò la rimozione del pannello. La decisione del sindaco non fu chiaramente condivisa dalla compagnia assicurativa che impugnò il provvedimento davanti al Tar. La compagnia assicurativa ottenne inizialmente la sospensiva del provvedimento del sindaco in attesa che i giudici del Tar entrassero nel merito del ricorso. Un'attesa lunga 15 anni e costellata anche da feroci polemiche. Come quella tra il Ermano De Col e Munaro. L'ex sindaco non usò mezzi termini: «Quel pannello è brutto, è copiato malamente dal pittore rinascimentale Sassetta». Parole pesanti che valsero a De Col una denuncia per diffamazione. Il giudice, però, lo assolse sostenendo che il sindaco aveva esercitato legittimamente il suo diritto di critica. Nel marzo 2008 i giudici del Tar respinsero il ricorso dell'Ina accogliendo le tesi dell'avvocato Giorgio Morales che nel lungo contenzioso amministrativo ha rappresentato il Comune. Nonostante la sentenza contraria, la compagnia assicurativa, nella primavera di 4 anni fa, impugnò la decisione davanti al Consiglio di Stato, ottenendo la sospensiva in attesa che i giudici entrassero nel merito della questione. Secondo gli avvocati della compagnia assicurativa, mancava “un concreto ed effettivo interesse pubblico alla rimozione dell’opera”. Pochi giorni fa, i magistrati del Consiglio di Stato (Luigi Maruotti - presidente, Vincenzo Lopilato - consigliere estensore) hanno depositato la sentenza sullo spinoso caso, respingendo “definitivamente” l’appello proposto dalla compagnia assicurativa.

Per due motivi. Primo: “Deve - sostengono i giudici - ritenersi sussistente un concreto ed effettivo interesse pubblico alla rimozione dell’opera”. Secondo: “L’autorizzazione è stata rilasciata condizionandone chiaramente l’efficacia al rispetto delle condizioni ed, in particolare, del requisito costituito dall’impiego di tinte tenui”.

Ora, alla luce della sentenza definitiva del Consiglio di Stato, l’ultima parola passa al Comune. Che oltre a decidere se rimuovere il “San Martino” potrà anche chiedere l’indennizzo per l’eccessiva lunghezza del procedimento amministrativo durato la bellezza di 19 anni.

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