Il papa in Kenya con la mitria di monsignor Pante
LAMON. Una originale mitria confezionata con pelle di capra. L’aveva donata a papa Francesco il missionario lamonese Virgilio Pante, vescovo della diocesi di Maralal, in Kenya, e vice presidente della commissione per i rifugiati e i migranti della conferenza episcopale del paese africano, dove è in visita pastorale Bergoglio.
Papa Francesco l’ha indossata per la solenne concelebrazione di ieri mattina al Central Park della capitale kenyota.
“Don Virgilio”, come lo chiamano amichevolmente a Lamon, l’aprile scorso a Roma l’aveva donata al pontefice, durante la visita ad limina dei vescovi del suo Paese. «Il Santo Padre, in quella circostanza, l’aveva subito indossata – racconta don Liviano Bernandi, parroco di Lamon – proprio perché sapeva dell’odore di pecora. Non importa se in verità era stata confezionata con pelle di capra».
Monsignor Pante guida la diocesi nel territorio del Kenya dove vivono i pastori nilo-hamitici e che il vescovo bellunese frequenta con amichevole consuetudine ed erano stati proprio loro a donargliela, nel 2001 quando il missionario della consolata è stato consacrato vescovo. Allora don Virgilio sorrise ricordando che, in verità, il suo stemma episcopale riproduce una pecora accanto al leone. Una pecora come quelle che lui da bambino e da ragazzo aveva visto pascolare proprio a Lamon.
Aneddoti, questi, che monsignor Pante aveva raccontato anche a Francesco, presentandogli in dono la mitria. Ed è stata una sorpresa molto gradita, per Pante, vedersi ieri il Papa con in testa il suo copricapo liturgico.
Francesco lo aveva detto durante la messa crismale del primo Giovedì Santo: il pastore deve avere «l’odore delle pecore». Cioè deve guidare il suo gregge ma anche stare insieme al suo gregge, ossia ai fedeli che gli sono affidati. Fin da quel momento – ha confessato Pante, che è stato a Lamon l’ultima volta ad inizio autunno – ha avuto l’idea di regalare al Papa la mitria confezionata con pelle di capra.
Pante ama pecore, capre e qualsiasi altro animale, anche se non disdegna la caccia. La caccia perché laggiù in Kenya significa sopravvivenza. Nato il 16 marzo 1946 a Lamon, Virgilio, compiuti gli studi medi e superiori ai seminari vescovili di Feltre e di Belluno, nel 1965 è entrato nell’Istituto missioni Consolata. Il 26 dicembre 1970 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale a Lamon per l’imposizione delle mani del vescovo di Feltre e Belluno Gioacchino Muccin. Il 15 giugno 2001 è stato eletto primo vescovo di Maralal ed ha ricevuto la consacrazione episcopale il 6 ottobre dello stesso anno per l’imposizione della mani del cardinale Jozef Tomko. Pante ha altri tre fratelli, di cui due sacerdoti, ed una sorella. Sono una trentina i sacerdoti che con lui collaborano in Kenya dove sono 40mila i fedeli cattolici, su una popolazione di 240mila abitanti. Per la riconciliazione tra le tribù, in conflitto nel suo territorio, monsignor Pante punta sulle scuole, ma ha creato anche dei mercati.
«Le varie tribù possono scambiarsi la merce, con l’obbligo di non portare armi. In questi mercati, nei quali si può anche contare sulla presenza di un’infermiera qualificata e sulla distribuzione di medicinali, le persone imparano a trattare correttamente».
Il vescovo feltrino, che spesso ritorna nella sua terra natale, non ha paura di alzare la voce per dire la verità sui conflitti tra le tribù della sua diocesi.
«Dò fastidio, mi hanno già avvertito», ha dichiarato recentemente monsignor Pante. «Ma così fanno il mio gioco, perché se dovesse succedermi qualcosa darebbero visibilità alla nostra causa. Cosa m’importa se mi fanno fuori? Significa che è la mia ora, non ho mica moglie e figli a casa».
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