«Il Papa, un montanaro come lo sono io»

Achille Carbogno (allora sindaco di Comelico Superiore) quell’incontro andò a cercarselo fin sul sentiero verso il Quaternà
COMELICO SUPERIORE. «Era un montanaro come me, non solo il Papa; con una stretta di mano vigorosa come una tenaglia».


Achille Carbogno, quel 13 luglio 1987, il Papa se lo era andato letteralmente a cercare; ma non in veste ufficiale di sindaco di Comelico Superiore, quale era allora; piuttosto inseguendolo (grazie ad un’intuizione), proprio come un montanaro, sul sentiero che conduce al Col Quaternà (m. 2.503), antico vulcano sul quale si è combattuto, e che rappresenta ancora oggi una meta di grande suggestione, con la sua sagoma piramidale, per chi ama ascendere in tutta tranquillità e godere di un panorama a 360 gradi.


«Conoscevo per motivi di lavoro l’ingegner Gildo Tomasini», racconta Carbogno, «un bellunese che il vescovo Maffeo Ducoli aveva suggerito come guida sicura del Santo Padre in quelle sue prime vacanze in Cadore. Trattandosi di un professionista esperto, idrogeologo di fiducia di varie amministrazioni comunali, ci eravamo incontrati qualche volta; e fu proprio Tomasini un giorno a telefonarmi per chiedermi, da sindaco del luogo, ma soprattutto da appassionato di montagna, di indicargli qualche itinerario “adatto al popolo”, ad un camminatore medio, insomma. E la prima cosa che mi venne in mente fu proprio il Quaternà e poi la Spina, verso Casamazzagno; non faticoso, in un ambiente ricco di flora eccezionale e gratificante per i diversi paesaggi che porta a scoprire».


Quel lunedì 13 luglio, essendo libero da impegni, Achille Carbogno decise dunque di prendere la via del Quaternà per verificare un’intuizione che gli era venuta: che Tomasini avesse intenzione di condurre il Santo Padre proprio su quei sentieri da lui suggeriti?


« Chiesi di accompagnarmi a mia figlia Raffaella, che allora aveva 20 anni, e salimmo in auto per la strada militare sino alla malga di Coltrondo, una decina di chilometri nel bosco. Poi, da lì, proseguimmo a piedi, sempre sulla strada di guerra, arrivando alla Casera Rinfreddo e poi a La Ponta, uno spiazzo dove cessa la vegetazione arborea ed iniziano i pascoli di alta quota, proprio alle falde del Quaternà. Eravamo lassù verso le 9, ma dovemmo aspettare almeno un paio di ore prima di vedere spuntare cinque grandi Lancia di colore blu scuro. Allora ridiscendiamo di corsa verso il piazzale de La Ponta proprio mentre arrivano queste macchine. Io ero in tuta, con binocolo e macchina fotografica a tracolla, forse mi presero per un giornalista».


Così la scorta lo avvicina, fa per fermarlo. Ma Carbogno ha la risposta pronta.


«Sono il sindaco di questi luoghi e vorrei dare al Papa il saluto del mio Comune». L’altro resta interdetto, poi replica: «Se lei è il sindaco, mi dia la sua parola d’onore che non disturberà il Papa che ha bisogno di riposare, perché è stanco ed è venuto in montagna proprio per cercare relax» .


Intanto dalle macchine scendono un po’ di persone, una dozzina e più fra cui il segretario del Papa, monsignor Stanislao, il gentiluomo di camera Angelo Gugel, il direttore della sala stampa del Vaticano monsignor Giulio Nicolini; e l’ingegner Tomasini, «il quale, ricordo, abbassò la testa confuso, forse preoccupato di avermi dato non volendo un indizio per questo incontro. Ed ecco che ad un certo momento si apre lo sportello ed esce il Santo Padre, tutti si scostano e lui viene verso di noi».


Achille Carbogno, direttore didattico e sindaco di Comelico Superiore dal 1985 al 1990, è agnostico. Ma riconosce di aver subito anche lui il fascino incredibile di questo uomo, il suo carisma.


«Ci siamo inginocchiati e lui ha insistito perché ci alzassimo. Intanto il seguito si era fatto in disparte e, mentre mia figlia tremava, il Santo Padre inizia a parlare della montagna, dei boschi, della bellezza dei nostri posti. Sì, era felice di essere lì. Io intanto osservo la scorta che mostra un po’ di impazienza ed oso dire: “Santità, lei deve andare lassù in cima”, indicando il Quaternà. Ed è così che ci saluta, ci fa un sorriso, ci dona due coroncine di rosario dopo averle benedette e, con grande naturalezza, si allontana lungo i 15 tornanti che conducono alla cima. Qualcuno intanto aveva scattato delle foto, ci chiede l’indirizzo per mandarcene una copia e ci ripete l’invito di non divulgare la notizia quando fossimo tornati in paese».


Il Papa intanto sale verso il Quaternà, un percorso che conduce alla vetta di 2. 503 metri in una serie di tornanti che rappresentano idealmente le stazioni della Via Crucis.


«Sì, era un montanaro come me», ripensa fra sé e sé Achille Carbogno, «non uno qualunque, ovviamente; ma una persona semplice al cui cospetto non ho provato alcun disagio. L’emozione e la gioia mi hanno conquistato inevitabilmente dopo qualche giorno e ancor oggi questo ricordo accompagna i miei giorni» .




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