Il Pd: Sappada in Friuli entro la fine dell’anno
Il capogruppo alla Camera Rosato assicura l’appoggio del governo. Due pericoli: i tempi lunghi per approvare il bilancio e la riforma elettorale
SAPPADA. Il Pd, l’azionista di maggioranza che sul distacco di Sappada dal Veneto aveva a lungo tergiversato, rompe ogni indugio. «Entro fine anno Sappada sarà in Friuli. Almeno noi ci proveremo», assicura Ettore Rosato, presidente del Gruppo Pd alla Camera. «Ribadisco, Sappada e nessun’altro».
L’esponente renziano stoppa, insomma, qualsiasi fuga dal confine occidentale verso la sua Regione. Rosato, infatti, è triestino e pure lui, come altri parlamentari del partito, ha Sappada nel cuore. «Noi ci siamo dati da fare», conferma, «perché Plodn, come Sappada si chiama in gergo linguistico locale, apparteneva al Friuli fino al 1852. Non è assolutamente una comunità veneta».
Anche i referendari sappadini, che nel 2008 promossero la consultazione popolare con un risultato quasi bulgaro per il distacco dal Veneto, si stanno in queste ore mobilitando – come conferma il coordinatore Alessandro Mauro – perché le forze politiche che hanno votato sì a Palazzo Madama (quasi tutte) diano prova di questa disponibilità anche a Palazzo Montecitorio. E in tempi rapidi, anzi rapidissimi, «possibilmente prima del dibattito sulla Legge di Bilancio», insiste Mauro, sintonizzandosi anche su quanto affermato, dal sindaco di Sappada Manuel Piller Hoffer.
Il sottosegretario Gianclaudio Bressa, del Pd, preferisce non pronunciarsi. Da bellunese, infatti, non vorrebbe affatto consegnare uno dei comuni più turistici delle Dolomiti agli amici friulani. Tiene comunque a far sapere che né lui né altri suoi colleghi hanno tramato, nel passato, per far saltare il voto al Senato. E che in modo altrettanto corretto si comporterà – sia lui che gli altri (De Menech? ) – in occasione del voto alla Camera: «Ho sempre espresso la mia contrarietà a quello che non considero un ritorno di Sappada alla madre patria, perché i motivi non sono né storici né culturali, ma economici». Va ricordato, al riguardo, che proprio Bressa e De Menech si sono adoperati con la presidenza della vicina Regione per l’istituzione di un fondo compensativo, diretto ai comuni del confine orientale, sull’esempio di quello operativo da anni sulla frontiera con il Trentino Alto Adige. Ma la risposta da Trieste e da Udine è stata negativa. Lo ribadisce, nuovamente, il triestino Rosato. «Le disponibilità finanziarie di cui beneficiano Trento e Bolzano», afferma, « sono lontanissime da quelle friulane. E il vantaggio fiscale del Friuli Venezia Giulia con il Veneto è risicato. Quindi non possiamo permetterci un’esperienza analoga a quella coordinata dall’amico De Menech».
Ma prima della fine dell’anno, o quanto meno prima della conclusione della Legislatura, i sappadini riusciranno mai a trovare definitiva soddisfazione ad aspirazioni che hanno cominciato a manifestare dal 1966, con la raccolta di firme organizzata dal loro parroco? La Camera deve vedersela, nei prossimi sei mesi, con la Legge di Bilancio, con la riforma elettorale, con altri provvedimenti conclusivi del proprio mandato. Il disegno di legge, peraltro, dopo l’approvazione in Senato, deve passare anche alla Camera per la Commissione Affari Costituzionali. E da qui transitare all’Aula di Montecitorio. «Non vedo quali possano essere le difficoltà di ordine politico», cerca di tranquillizzare Rosato, «se ci sarà quella volontà, quasi unanime, che abbiamo riscontrato in Senato. E, in questa sede, voglio ribadire che la storia di Sappada è unica e che, pertanto, non saremo certo noi a provocare lo smottamento del Veneto. Anche perché», sorride il Capogruppo, «dopo il prossimo referendum il Veneto sarà ricchissimo e, quindi, nessun comune sarà più disposto a voltargli le spalle. Anzi, succederà l’opposto: saranno i comuni di confine del Friuli», altro sorriso ironico, «a voler attraversare il Livenza e il Tagliamento per godere dell’Eldorado veneto».
Rosato conclude con un’assicurazione ulteriore: «Alla Camera ci siamo impegnati ad approvare, entro la fine della Legislatura, tutti i provvedimenti licenziati dal Senato e tra questi ricordo che c’è anche quello dell’ulteriore riconoscimento delle prerogative del mondo ladino».
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