«Il Piave non c’è più qualcuno lo succhia con la cannuccia»

Erri De Luca presenta il suo libro e si racconta da Tarantola «In montagna recuperiamo il vero rapporto con il pianeta»
Di Alessia Forzin

BELLUNO. Il Piave mormorava. Un tempo. «Oggi il Piave non lo vedo più. Non c’è più. Qualcuno se lo sta succhiando con la cannuccia». Che ha la forma di una condotta, però. Si è parlato anche di sfruttamento idroelettrico, nell’intervista con Erri De Luca, che venerdì sera al centro Giovanni XXIII ha presentato il suo ultimo libro, “La natura esposta”. La serata fa parte della rassegna “Autori d’autunno”, promossa dalla libreria Tarantola, e prima di incontrare i bellunesi De Luca si è fermato qualche istante a raccontare il suo libro ai giornalisti.

Dalle pagine di narrativa alle pagine dell’attualità il passo è breve, ed è così che con lo scrittore napoletano si arriva a parlare della montagna. E di quel bisogno, per l’uomo, o per lo meno per lui, di riprendere il contatto con la natura, con la verità delle cose. «Si è perso il contatto con la natura», racconta De Luca. «Lo abbiamo perduto quando per la prima volta ci siamo messi le scarpe. Ma possiamo recuperarlo, andando in montagna». È lì che l’uomo può ritrovare quel rapporto corretto con il pianeta e con le creature che lo popolano. «In montagna si avverte che non siamo autorizzati a starci, che siamo degli intrusi. Servirebbe un invito per poter stare in montagna, che non è un parco giochi anche se l’uomo tenta sempre di addomesticarla».

Ma non ci riesce, perché la montagna fa sentire l’uomo quello che è: una creatura piccola, di fronte a quelle cime tanto imponenti. «Ma questo rapporto di inferiorità è giusto», precisa De Luca. «E lo riscopriamo solo quando la natura fa qualche catastrofe». Quelle che poi vengono definite emergenze, termine che a Erri De Luca non piace molto: «Pensiamo al terremoto. Come si fa a definirlo un’emergenza? In molti Paesi del mondo le case vengono vaccinate dal terremoto, da noi no ma è questo l’errore. Un meteorite è un’emergenza. Se poi pensiamo che definiscono emergenza anche la gestione delle immondizie...».

E proprio mentre parla di montagna, Erri De Luca viene interrotto da un caro amico: Mauro Corona. Arriva in libreria, abbraccia l’amico scrittore, si scambiano qualche parola. «Abbiamo fatto una vitaccia simile», sorride De Luca. «Ci siamo incontrati per ragioni legati ai nostri libri ma abbiamo anche scalato assieme. Ho frequentato spesso le sue zone». Nel Bellunese, invece, Erri De Luca ha scalato la nord dell’Agner: «Una bella scalata, lunga ma in un ambiente bellissimo», ricorda.

Un ambiente che troppe volte è stato violato, suggeriamo a De Luca. Il riferimento è allo sfruttamento idroelettrico, una piaga nel Bellunese. «Io non vedo più il Piave. Non c’è più», conferma lo scrittore. «I fiumi non riescono più a fare il loro mestiere, vengono intercettati prima di arrivare al mare e non va bene».

Dai fiumi sfruttati ai fiumi esondati. Proprio venerdì si ricordava il cinquantesimo di un alluvione che, anche nel Bellunese, ha causato morte e distruzione di interi paesi. «Ma quella volta si trattò di una piena eccezionale», conclude Erri De Luca. «Quello che preoccupa è quando non si riescono a gestire le situazioni di piena normali».

Terminata l’intervista, De Luca si ferma a firmare qualche autografo in libreria. A salutare i fan. Poi corre ad incontrare i bellunesi che lo aspettano al centro Giovanni XXIII. Dal palco presenta il suo ultimo libro, “La natura esposta”. Il tema del restauro del crocifisso, di cui si racconta nel libro, lo porta ad affrontare il tema del contatto con la materia: «Perché solo così si riesce a percepire l’essenza delle cose», conclude.

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