Il presidente delle imprese edili: «Controlli sui ribassi delle gare»
«Non sappiamo come abbia fatto quella ditta a fare il 40% di ribasso d’asta, ma certo è ora di trovare un modo per calmierare i ribassi nelle gare d’appalto».
Lo dice Antonio Olivotto, presidente di Ance, la branca di Confindustria che si occupa dell’edilizia, di fronte alla domanda su come sia possibile che una ditta, nella fattispecie quella che si era aggiudicata i lavori dell’ostello all’ex Follador di Agordo (contratto rescisso per inadempienze il 18 gennaio scorso), possa pensare di eseguirli offrendo solo il 60% di quanto previsto dal progettista.
Viene il dubbio che il progettista abbia sbagliato i calcoli per eccesso...
«Non credo. Di solito è il contrario. Cioè il progettista fa un progetto da 2 milioni e poi semmai è costretto a rivederlo al ribasso per far sì che i lavori vengano assegnati. Inoltre si stanno diffondendo sistemi informatici che vanno a prevedere a monte tutte le interferenze nel progetto e a ridurre gli errori in fase esecutiva. Sistemi che, quindi, possono far capire all’impresa quale sia il prezzo giusto da fare».
E quindi? Normale che una ditta voglia accaparrarsi i lavori, ma il suo predecessore Domenico Limana diceva che, oltre a una certa soglia, sono appalti da allarme rosso.
«Ogni appalto ha una storia a sé. Nella fattispecie bisognerebbe chiedere come si fa a fare un ribasso del 40% a una delle ditte che ha partecipato al bando e che ha fatto un ribasso del 13%. Non c’è una regola generale, certo ci possono essere degli elementi tecnici: la ditta potrebbe avere tanto materiale in magazzino o delle squadre non occupate e quindi potrebbe massimizzare la produttività. Quello che posso dire è che la media dei ribassi fatti per l’ostello di Agordo è del 23,30% e che le imprese bellunesi che hanno partecipato alla gara hanno fatto ribassi del 20-22%».
Chi viene da fuori, quindi, fa ribassi più sostanziosi?
«Un discorso analogo c’è anche nel privato. Lo vediamo nella zona di Cortina dove arrivano ditte da fuori e fanno prezzi non congrui, per loro stessa ammissione. Come fanno? Non so. Sull’acquisto dei mezzi chi viene da oltre le Alpi ha costi minori. E poi c’è il personale: non so se la ditta salernitana che doveva realizzare l’ostello di Agordo avesse agevolazioni sui contratti nella sua zona. Di certo so che i contratti delle ditte bellunesi sono costosi perché contemplano le indennità di alta montagna, cioè delle prestazioni definite a tutela dei lavoratori locali che variano dall’8 al 15%. Sono indennità che dovrebbero essere riconosciute ai lavoratori non solo dalle aziende bellunesi, ma anche da quelle che vengono a lavorare in provincia di Belluno».
Ha usato il condizionale…
«Sì, perché non so se è effettivamente così. Quelle che fanno parte della Cassa edile di Confindustria Belluno sono a posto».
Quindi c’è necessità di controllare altrimenti si rischia la concorrenza sleale.
«Per noi è operativamente difficile controllare. Non possiamo entrare nel cantiere di altre imprese. Ma le autorità devono e possono anche se magari riescono in un numero limitato».
È emerso l’interesse delle mafie anche verso la provincia di Belluno: i prezzi bassi possono essere legati anche a questo?
«Saperlo è al di sopra delle nostre capacità. Ci sono ditte che fanno ribassi ai quali non si riesce a dare giustificazione. Da qui a dire che c’è la mafia ne passa. Auspico che non sia così. All’interno delle nostre imprese di certo no, al di fuori non si sa. Adesso è stato istituito anche il tavolo di coordinamento con la Prefettura per i Mondiali 2021. I controlli devono essere fatti a monte e non sono semplici. Ci sono dei nostri colleghi che sono stati oggetto di controlli durante l’attività. Cosa che per una ditta non è mai piacevole perché ci vogliono tempo e carte. Ma siamo d’accordo. Auspichiamo, però, che vengano fatti su tutto il territorio. Ecco: sarebbe bello che quando una ditta fa ribassi elevati i controlli scattassero in automatico. Se dopo i controlli viene dimostrato che è tutto ok, allora vuole dire che quella ditta è più brava delle altre».
Come stanno le imprese bellunesi?
«In dieci anni si sono dimezzate. Oggi siamo in 300 con circa 2000 dipendenti. Si potrebbe pensare che le ditte rimaste siano sovraccariche di lavoro e invece non è così».
I fondi di confine non hanno aiutato?
«Sono stati importantissimi, così come lo è stata la ripresa del Bim. Con le annualità dei Comuni di confine (le cui stazioni appaltanti si sono sensibilizzate verso le imprese locali) e con i lavori del Bim (che continua a investire) abbiamo la quotidianità, cioè delle gocce che alimentano di continuo l’edilizia. Manca però una politica di investimenti pubblici. E purtroppo di imprese bellunesi invitate per gli appalti di Cortina 2021 non ce ne sono. Il metodo del sorteggio ci ha penalizzato. Crediamo che i criteri dovrebbero invece valorizzare i caratteri propri delle imprese, le specializzazioni, la vicinanza col territorio, l’impiego delle maestranze locali che ogni anno escono dalla scuole edile». —
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