Il prof Favero patteggia e paga 100 mila euro

Ex direttore della clinica odontoiatrica di Padova con studio anche a Belluno era accusato di aver dirottato pazienti dall’ospedale ai suoi ambulatori privati
PADOVA. Ha patteggiato un anno di carcere (con la sospensione condizionale) per abuso d’ufficio e tentato abuso d’ufficio con l’aggravante di un danno di rilevante entità e una provvisionale immediatamente esecutiva di 100 mila euro a favore dell’Azienda ospedaliera di Padova il professor Gian Antonio Favero, 66 anni, originario di Motta di Livenza con residenza a Jesolo, ex direttore della Clinica odontoiatrica, finito sotto inchiesta dopo un servizio trasmesso dal tiggì satirico “Striscia la Notizia”.


Un servizio che aveva svelato come il cattedratico – ordinario all’Università patavina, oggi in pensione, e proprietario di una serie di società alle quali fanno capo le Cliniche Favero sparse in mezzo Nordest compreso il Bellunese e anche all’estero – dirottasse i pazienti dalla struttura pubblica ai suoi ambulatori privati.


La sentenza.
Rispetto alla quantificazione del risarcimento reclamato dall’Azienda ospedaliera (tutelata dall’avvocato Luciana Puppin), tutto è stato demandato al giudice civile. La “pena concordata” tra Procura generale di Venezia (pubblica accusa) e difesa (il penalista Antonio Franchini) è stata pronunciata con sentenza dalla seconda sezione della Corte d’appello lagunare. Una Corte d’appello che ha spazzato via l’assoluzione dei giudici di secondo grado (all’epoca presidente Sartea). Giudici che avevano riconosciuto l’«eticità» dei comportamenti di Favero.


Cassazione determinante.
Due anni e due mesi di carcere (senza la condizionale) per il contestato abuso d’ufficio, oltre a 500 mila euro di risarcimento da pagare all’Azienda ospedaliera che aveva lamentato un pesante mancato introito (la richiesta ammontava a 2 milioni e mezzo di euro) e assoluzione per il reato di falso era stata la sentenza pronunciata in primo grado dal gup Cristina Cavaggion al termine di un giudizio abbreviato. È l’1 luglio 2014.


Favero ricorre in appello.
E il 7 ottobre 2015 la decisione è capovolta. E cancellata: assoluzione piena e nessuna responsabilità penale perché secondo i giudici di secondo grado l’abuso non sta in piedi, mancando sia il danno all’ente pubblico sia l’indebito vantaggio a carico dell’imputato. Non ci sta la Procura generale che aveva reclamato la conferma della condanna a 2 anni e 2 mesi, condividendo l’impostazione della magistratura padovana. E impugna la sentenza. La Cassazione annulla l’assoluzione “con rinvio”. Ovvero: il fascicolo processuale viene rimesso alla Corte d’appello veneziana ma ad un’altra sezione. Parole forti quelle della Suprema Corte che insiste sul «conflitto d’interesse» e «un’incompatibilità medica» fra l’attività «svolta nella Clinica Universitaria e nei suoi studi privati» in quanto «Favero esercitava sui pazienti una induzione a scegliere la struttura privata dove svolgeva attività libero professionale in “extra moenia” come emerge da numerose dichiarazioni testimoniali». Alla fine è arrivato il patteggiamento.


Cristina Genesin


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