«Il punto panoramico è il muro di Berlino: sfregio alle Tre Cime»
AURONZO. Ma questo è il “muro di Berlino” o di Auronzo? È la domanda che intriga il mondo ambientalista e ieri rilanciata da Giancarlo Gazzola e da Gigi Casanova, leader di Mountain Wilderness. Il balcone costruito dal Comune di Auronzo a fianco dell’omonimo rifugio, per sostenere una piazzola da cui ammirare la Val Marzon e, più in lontananza, Auronzo e il suo lago, non va giù agli esteti del paesaggio dolomitico.
Sotto accusa non è l’amministrazione di Tatiana Pais Becher ma quella precedente, che ha avviato l’opera. «Alle Tre Cime di Lavaredo non era sufficiente l’umiliazione della strada che in estate porta in quota 2000 auto al giorno, un rifugio, l’Auronzo trasformato in mensa di massa. No. Bisognava offendere le rocce anche imponendovi un balcone. Un inno al cemento, un’oscenità. Le fotografie che riportiamo confermano tanto pessimo gusto» denunciano Gazzola e Casanova, allegando alcune foto molto esplicite sulla incompatibilità del muro con il straordinario contesto delle Tre Cime.
Se veramente fosse stato necessario dotare il rifugio di un balcone panoramico era sufficiente lavorare con materiali locali: legno, pietre calcaree e niente altro, insistono i due ambientalisti, proponendo come modello i “balconi” panoramici realizzati dalla Fondazione Unesco, usando addirittura del vetro per evitare l’impatto.
«La bellezza ogni giorno viene offesa da una folle rincorsa al mercato, da una ormai diffusa incapacità degli amministratori pubblici di saper distinguere fra quanto è realmente necessario per vivere in montagna e quanto vi è di superfluo (amministrazione comunale di Auronzo)», sottolineano, «Nessuno sentiva la necessità di imporre alle Tre Cime una simile bruttura. Forse solo chi l’ha progettata e chi l’ha accettata sul territorio da lui gestito». Il sindaco Pais Becher, chiamata in causa, spiega che il progetto se l’è trovato già pronto e a tal punto di definizione che non poteva rimetterci mano; d’altra parte il muro servirebbe di rinforzo alla base del rifugio. «Motivi di sicurezza? D’accordo, ma potevano essere utilizzati altri materiali, più compatibili», rispondono i due ambientalisti. —
Francesco Dal Mas .
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