Il racconto di Izzo: «Rossella rapita da noi e uccisa in Umbria»
BELLUNO. Rossella Corazzin è stata rapita a Tai di Cadore, portata sul lago Trasimeno e lì seviziata e uccisa. Parola di Angelo Izzo. Sono clamorose, ma anche difficili da verificare le dichiarazioni del mostro del Circeo, che un anno e mezzo fa ha parlato con i magistrati romani di una cinquantina di omicidi avvenuti negli anni Settanta e consumati nell’ambiente della Roma bene collegata l’eversione di estrema destra e vicina alla banda della Magliana.
Rossella Corazzin aveva 17 anni e viveva a San Vito al Tagliamento, in provincia di Pordenone, quando, nell’estate del 1975, tornò in vacanza a Pieve di Cadore con i genitori come succedeva ogni anno. Figlia unica e studentessa del liceo classico, Rossella scomparve nel nulla il pomeriggio del 21 agosto. Indossava jeans, maglietta e scarpe da tennis e con sé aveva una macchina fotografica e “I passi perduti” di Alejo Carpentier.
Izzo ha raccontato che in quel periodo in Cadore c’erano anche lui e alcuni esponenti della Roma ricca e violenta di cui lui stesso è figlio. Uomini senza scrupoli a caccia di giovani vergini da stuprare in gruppo e poi gettare via, convinti di restare impuniti. Sarebbero stati questi uomini a notare Rossella, ad osservarne le abitudini e infine a seguirla nel bosco quel 21 agosto per rapirla e portarla in provincia di Perugia, dove la ragazza sarebbe stata abusata per giorni fino alla morte. I responsabili di questo orrore sarebbero molti, una decina di persone, Izzo compreso e i nomi non mancano, ma sarebbero tutti morti.
Dopo le rivelazioni di Izzo, i pm della capitale hanno mandato il fascicolo relativo alla Corazzin alla procura della Repubblica di Belluno, che a sua volta l’ha girato ai colleghi di Perugia, competente sul territorio del lago Trasimeno. Fonti della procura umbra fanno sapere che un primo fascicolo è arrivato da Roma più di un anno fa, ma le indagini non hanno permesso di trovare riscontri e il racconto di Izzo è stato ritenuto poco attendibile. Allo stesso tempo, però, Perugia dichiara di non aver ancora vagliato i verbali provenienti da Belluno e quindi non si escludono ulteriori approfondimenti.
A Belluno un lavoro meticoloso è stato svolto tra il 2003 e il 2006 dall’allora sostituto procuratore Raffaele Massaro, che riaprì l’indagine in seguito ad una serie di segnalazioni. In realtà l’inchiesta del 1975 non fu abbastanza approfondita, la stessa ricerca di Rossella iniziò solo alcuni giorni dopo la sua scomparsa e la maggior parte degli elementi oggi noti si devono all’indagine di Massaro e dei carabinieri del maresciallo Silvano Gosetti.
Rossella era molto abitudinaria ed ogni pomeriggio faceva una passeggiata nei boschi di Tai insieme al padre, quel giorno però lui non si sentiva bene e lei decise di andare a leggere e a scattare alcune foto da sola, con la promessa di tornare qualche ora dopo e portare comunque il padre a camminare. L’ultimo e l’unico avvistamento attendibile è quello di una donna che conosceva la ragazza e che la vide camminare lungo la strada per il Monte Zucco attorno alle 15.30. Poi il nulla.
Le ricerche effettuate dal Soccorso Alpino e dai carabinieri, che hanno battuto il Monte Zucco, la polveriera del forte, i tunnel del Col Vaccher costruiti durante la guerra e il versante opposto verso il rifugio Costa Piana, non hanno dato esito. I boschi di Tai non hanno restituito nemmeno un frammento di Rossella e negli anni si sono susseguite mille teorie, dall’allontanamento volontario all’omicidio nell’ambito di un rito satanico. La procura di Belluno ha ascoltato decine di persone e ha visto arrivare santoni e appassionati di paranormale che affermavano di sentire voci nel bosco e proponevano riti rivelatori. Anche la trasmissione “Chi l’ha visto” si è occupata a lungo di Rossella, ma non sono stati fatti passi avanti nemmeno sul misterioso “Gianni”, lo studente di Giurisprudenza citato da Rossella in un paio di lettere indirizzate alla sua migliore amica.
Nel 2010 il tribunale di Pordenone ha dichiarato la morte presunta di Rossella.
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi