Il re soldato come un imperatore romano

Un cippo dedicato a Vittorio Emanuele III venne realizzato a Pieve nel 1916 e tolto poi dagli austriaci

PIEVE DI CADORE. Non c’è dubbio che Tai di Cadore sia stato un importante centro logistico fin dai primissimi giorni del primo conflitto mondiale.

Ciò in ragione del fatto che qui si smistavano tutti i rifornimenti giunti in Cadore con trasporto su strada e destinati poi sia verso la Val Boite che verso la Val Ansiei e il Comelico.

A tutto ciò s’aggiungevano i vicini forti di Monte Ricco e Col Vaccher, le molte postazioni antiaeree dislocate sulle alture circostanti, l’importante parco buoi, il campo d’atterraggio, l’ospedaletto militare e soprattutto l’incessante transito di reparti militari diretti al fronte o di ritorno da esso.

Proprio nel corso del conflitto, probabilmente il 20 settembre 1916, venne inaugurato in piazza un cippo innestato su una piramide tronca su cui troneggiava un curioso busto di Vittorio Emanuele III agghindato da antico imperatore romano. Si trattava evidentemente di una sorta di auspicio, visto che il nostro Re sarebbe divenuto Imperatore solo 10 anni dopo, ma costituiva soprattutto un riconoscimento di quel ruolo di Re Soldato che la retorica del tempo gli stava attribuendo ad onta della sua statura e delle sue molte remore caratteriali e che egli saprà in qualche modo onorare soprattutto in occasione del delicatissimo convegno interalleato di Peschiera dopo il disastro di Caporetto.

Ma furono proprio le truppe austriache che invasero il Cadore il 10 di novembre a togliere di mezzo quel busto dell’odiato re nemico, che avrà attirato senz’altro e subito la loro attenzione ed il loro dileggio.

Un destino del resto che il nostro re condivideva con Pietro Fortunato Calvi, la cui statua a Col Contras e il cui altorilievo sotto la torre della Comunità subirono in quei giorni analoga sorte.

Bisognò attendere più di 20 anni perché il nostro “Re Sciaboletta” si prendesse la rivincita. Nel 1938 Giuseppe Del Favero, Podestà di Vodo, assieme a Luigi Olivo, Podestà di Valle, e a Siro De Lorenzo di Lorenzago, rivolgeva sui giornali un “caldo appello ai cadorini degli Stati Uniti” perché contribuissero alla sottoscrizione di un nuovo monumento a Vittorio Emanuele III, Re d’Italia e Imperatore di Etiopia in occasione dell’anniversario della fondazione dell’Impero proclamata il 9 maggio 1936. L’opera fu affidata allo scultore Antonio Morera, nato a Casale Monferrato il 30 agosto 1888 e morto a Genova l'8 ottobre 1964, scultore, ritrattista e paesaggista, che dopo gli studi all'Accademia Albertina di Torino era approdato all’Accademia ligustica di belle arti di Genova, aprendo pure uno studio dove teneva corsi di pittura e scultura. Come ci racconta Mario Rossi in suo bel libro “Tai di Cadore” edito nel 2007, l’opera fu inaugurata il 20 luglio 1939, ma neanche questa volta il monumento ebbe vita breve.

Tolto di mezzo nel 1945, il busto, raffigurante il Re con cappotto militare ed elmetto, fece perdere per un po’ le sue tracce, ma poi fu ritrovato in un angolo del magazzino comunale. Persa ogni enfasi, rimane pur sempre un segno della memoria, un documento singolare, e per di più con un merito speciale: ha sotteso nella stessa persona e nello stesso luogo ben due conflitti mondiali.

Due guerre così vicine e pur così lontane, entrambe vissute e scontate da molti italiani nel nome e nel mito di quel piccolo uomo che avrebbe voluto essere fotografo e numismatico invece che condottiero.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi