Il reato è meno grave la maestra del Cairoli ha lo sconto in Appello
Maltrattamenti all’asilo. Anzi, no: abuso di mezzi di correzione. Ridimensionato il reato e abbassata, di conseguenza, la pena per la maestra del Cairoli: M.F.L., condannata in primo grado a un anno e quattro mesi, è stata riconosciuta colpevole di un’altra cosa e la pena è scesa di conseguenza a quattro mesi. Un successo per la difesa Monica Barzon - Mauro Gasperin e una riabilitazione almeno morale per l’imputata. Mentre non saranno senz’altro contente le otto famiglie, su un totale di 25, che avevano denunciato alla Procura della Repubblica i presunti maltrattamenti.
Attesa per le motivazioni della sentenza di secondo grado, sulla base delle quali il procuratore generale o i difensori potranno decidere se ricorrere in Cassazione.
Nel frattempo, la Corte d’Appello ha fatto capire che quello della donna era un metodo educativo, anche se non adeguato a una classe tanto numerosa quanto vivace.
Nel corso della discussione, Barzon aveva puntato dritta sull’assoluzione, ma un primo risultato l’ha ottenuto, anche tenuto conto del fatto che il pubblico ministero bellunese Rossi aveva chiesto due anni e sei mesi.
Secondo la pubblica accusa, non si trattava solo di urla o sgridate. In momenti di pazienza terminata o grande nervosismo, ci potevano scappare strattoni, schiaffi e anche tirate per i capelli. Una bambina ha riferito di essere stata presa per le treccine e spostata di peso. Alcuni piccoli fra i tre e i cinque anni dopo alcuni episodi avevano perso la voglia di andare all’asilo o erano diventati ordinati in maniera maniacale a casa, per i metodi educativi a volte bruschi della maestra.
Non si sono mai visti lividi o ematomi e già questo è molto importante e le altre famiglie non hanno trovato niente da ridire nei metodi della donna feltrina, che era stata inizialmente assegnata alla biblioteca di Castion, prima di un’ammonizione da parte del dirigente scolastico. La sanzione più bassa. È tornata a insegnare, con un contratto a tempo indeterminato e, in caso di condanna per l’ipotesi di reato più grave, avrebbe seriamente rischiato di perdere il posto. —
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