Il referendum per l'autonomia si farà: sì unanime dei sindaci
L’assemblea ha approvato il deliberato che venerdì sarà ratificato in consiglio. Le preoccupazioni per i soldi, la partecipazione e l’esito della consultazione
La sede della Provincia
BELLUNO. Il referendum provinciale per l’autonomia bellunese si farà. Ieri pomeriggio i sindaci bellunesi, riuniti in assemblea, hanno dato il via libera alla delibera che propone l’indizione del referendum, nello stesso giorno (il 22 ottobre) in cui si voterà per l’analogo referendum regionale. Il voto è stato unanime da parte dei 44 sindaci presenti.
I distinguo, durante il dibattito, non sono mancati, ma in sostanza tutti i sindaci presenti hanno sottolineato la necessità di sfruttare un’occasione unica: quella di dare la parola ai cittadini su un tema ormai quasi mitologico come l’autogoverno della montagna bellunese, in una giornata in cui l’intero Veneto sfiderà lo Stato chiedendo l’autonomia. Ad illustrare i passaggi fatti finora, a partire dal 30 maggio, è stata la presidente facente funzioni Serenella Bogana, che ha chiesto un mandato forte nonostante le difficoltà. Una su tutte: i soldi, perché il preventivo ammonta a 300 mila euro, soldi che la Provincia fatica a sacrificare. Proprio per questo motivo la delibera iniziale è stata modificata, con la sollecitazione alla trattativa con la Regione, affinché riduca la quota a carico di Belluno, visto che la macchina elettorale sarà comunque in moto il 22 ottobre e lo stanziamento di Venezia per il suo referendum è di ben 14 milioni di euro.
Sulla questione soldi sono intervenuti in molti, a partire dal sindaco di Belluno Jacopo Massaro, ma il sindaco di Val di Zoldo Camillo De Pellegrin ha chiesto chiarimenti anche sui tempi, perché il consiglio provinciale deve ratificare la decisione dell’assemblea entro il 24 luglio, cioè 90 giorni prima della data del referendum. Bruno Zanolla (Quero Vas) ha riportato alla realtà, ricordando che «la democrazia costa, ma è un’occasione straordinaria che non possiamo buttare».
Franco De Bon, sindaco di San Vito, ha ricordato come i problemi bellunesi, dallo spopolamento alle rinvendicazioni dei Comuni di confine referendari, non si siano mai risolti; mentre il sindaco di Santa Giustina Ennio Vigne ha evidenziato come le difficoltà maggiori di questa provincia: «Vengono dallo Stato con i continui tagli al bilancio. Questa è l’occasione per dire che vogliamo regole diverse».
Per Paolo Perenzin (Feltre): «Da noi la Provincia è l’unico ente in grado di fare massa critica. È giusto rivendicare un trattamento differente». Ma: «Noi sindaci dobbiamo impegnarci tutti moltissimo affinché la gente vada a votare», dice Roberto Padrin (Longarone). Non manca chi teme che, anche con un successo al referendum, il futuro resti fosco, come Siro De Biasio (Alleghe) e Giorgio Slongo (Fonzaso); e chi ha paura che il referendum faccia flop e insiste sulla necessità di un lavoro intensissimo prima del voto, come Mario De Bon (Sospirolo), Carlo Zanella (Cesiomaggiore), Paolo Vendramini (Ponte), Gianni Burigo (Soverzene), Umberto Soccal (Alpago).
A dare coraggio a tutti sono la stessa Bogana e Alessandra Buzzo (Santo Stefano). Per Federico Dalla Torre (Sovramonte) non sarà facile entusiasmare i cittadini dei Comuni che votarono per lasciare il Veneto: «Allora la Provincia li ha snobbati e alle ultime elezioni provinciali la gente di quei paesi non è andata a votare».
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