Il sacrificio di 14mila soldati sulla cima del monte Piana

I cadorini caduti su quelle crode furono molti, il solo paese di Pieve ne contò 124. La vetta era già una meta turistica prima del conflitto mondiale

AURONZO DI CADORE. Nessuna zona di combattimenti della Grande Guerra, come Monte Piana per gli italiani, Monte Piano per gli austriaci, è diventata il simbolo della follia dell’uomo che per il possesso di un pezzetto di croda, ha mandato a morire oltre 14000 mila dei suoi figli migliori.

I primi a morire furono due alpini della 67. Compagnia del Battaglione Pieve di Cadore, poche ore dopo la dichiarazione di guerra, il 24 Maggio 1915. I cadorini caduti nelle battaglie di Monte Piana e dintorni furono molti: del solo Pieve di Cadore furono 124, oltre ad 11 ufficiali e 587 feriti.

Oggi la zona dei combattimenti si raggiunge comodamente a bordo di una navetta, con lo scopo di ammirare lo stupendo panorama dolomitico completato dalle svettanti Tre Cime di Lavaredo e di visitare il museo all’aperto della prima guerra mondiale.

Era già un’ambita meta turistica prima del conflitto, tanto che ancora nel 1887 il Touring Club di Vienna fece costruire sulla sommità della montagna un piccolo rifugio, posto proprio sul confine austro - italiano, poco distante dal luogo dove oggi si trova la Piramide Carducci che nel momento della dichiarazione di guerra era il punto più avanzato verso Dobbiaco del confine Italia- Austria.

Questo monumento era stato costruito prima della guerra e dedicato al poeta compositore dell'Ode al Cadore. Venne distrutto durante i combattimenti e ricostruito nel 1923.

Gli austriaci sin dal 1753, quando furono stabiliti i confini tra Venezia e Vienna, ebbero sempre una grande attenzione verso Monte Piana sotto il profilo strategico, nonostante la sua sommità fosse ormai diventata soprattutto una meta turistica.

Ancora molti anni prima del conflitto, sbarrarono completamente l'accesso alla valle di Landro subito dopo l'abitato di Carbonin, con un'opera fortificata completata da artiglierie in caverna posizionate sul monte Rudo e su monte Specie. Inoltre, tutto il monte era controllato dalle posizioni d'osservazione sul monte Cristallo e di cima Bulla e tenute sotto il costante controllo delle artiglierie piazzate nei forti di Landro a nord e Prato Piazza ad ovest e dalle bocche da fuoco situate sulla Torre dei Scarperi e sulla Torre di Toblin, sigillando di fatto l'accesso a Dobbiaco. Il 23 maggio alle 19, l'Imperial-Regio ufficio postale di Landro venne informato telefonicamente che l'Italia aveva dichiarato guerra all'Austria-Ungheria.

Nella notte le sentinelle austriache abbandonarono i loro posti lungo la strada e la vetta nord del monte Piana, scesero a valle nelle linee difensive e contemporaneamente distrussero tutti i sistemi stradali.

Lo stesso fecero gli italiani la mattina dopo, quando gli alpini diedero fuoco al rifugio, costruirono trincee lungo l'orlo meridionale e mandarono un plotone nei pressi della piramide Carducci, che costituiva il posto italiano più avanzato.

Al momento della dichiarazione di guerra nel settore del monte Piana e nelle sue valli vennero inviati otto battaglioni dei trentacinque di stanza tra San Candido e lo Stelvio. Il monte Piana rientrava nel settore operativo della IV Armata comandata dal tenente generale Luigi Nava, le cui unità erano divise tra Cordevole e Cadore. Il settore di Monte Piana, era di competenza del I Corpo d'armata comandato dal tenente generale Ottavio Ragni.

Il 24 maggio il Monte Piana fu occupato da due plotoni di alpini della 96a compagnia del battaglione Pieve di Cadore, del 7º reggimento.

Altri alpini della 67a compagnia intorno alle 8,30 mentre stavano lavorando sulla strada da Misurina per monte Piana vennero colpiti da una scarica d'artiglieria sparata da monte Rudo: furono i primi due caduti italiani su una montagna che in meno di due anni fece circa 14.000 vittime in entrambi gli schieramenti.

Il 27 maggio gli austriaci trasportano sul passo Grande dei Rondoi un obice che iniziò subito a battere il monte Piana. In quei giorni la linea che andava dalla piramide Carducci allo strapiombo sul Vallon dei Castrati, era presidiata dagli alpini che effettuarono continue perlustrazioni in val Popena e val Rimbianco, mentre il 1º giugno due nuclei di zappatori diede fuoco alla caserma Rienza e con la gelatina interruppero il sentiero che dal paese di Carbonin, presidiato dagli austriaci, portava a Forcella dei Castrati.

Il 7 giugno si ebbe il primo grande scontro. Gli scontri furono accaniti soprattutto attorno alla piramide Carducci. Gli austriaci riuscirono a penetrare nelle trincee italiane, ma subirono il contrattacco degli alpini con i plotoni dei sottotenenti Giuseppe De Pluri e Antonio De Toni che trovano entrambi la morte insieme ad altri 100 uomini.

Da allora e fino al 3 novembre 1917, quando gli italiani dopo Capporetto, lasciarono il monte, i due contendenti si combatterono su un fazzoletto di terra, senza mai riuscire a sovvertire le forze nemiche e quindi tutti quei morti furono inutili. I due anni di guerra sul monte Piana, infatti, portarono sostanzialmente ad un nulla di fatto ed ognuno mantenne le sue posizioni.

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