Il vescovo Marangoni sprona i più giovani

Il presule ha dedicato l’omelia a tamburini, sbandieratori e figuranti riuniti in cattedrale

FELTRE. Sono seduti in prima fila con lo sguardo rivolto in avanti, chi assorto nei suoi pensieri, chi attento e guardingo. Sono i giovani del Palio di Feltre, i tamburini, sbandieratori e figuranti a cui il vescovo Renato Marangoni decide di dedicare interamente la sua prima omelia della messa del Palio, ieri mattina, prima di benedire l’evento e i cavalli sul sagrato della cattedrale.

Partendo da uno stimolo alla riflessione: «Dov’è il tuo tesoro, città di Feltre, in questi giorni di Palio? Là, come dice il Vangelo, sarà il tuo cuore. Chi guarda a questa città in circostanze di festa coglie la voglia di ricordare la storia antica, in cui però il nostro cuore non deve restare rinchiuso. Avete ereditato cose preziose dal vostro passato, ma non basta. Giovani, qual è il tesoro che sta legando il vostro cuore? Conosco il senso di impotenza che vi affligge quando guardate al vostro futuro. Viviamo in un’epoca complessa, difficile, dove la forza prevarica i desideri, distruggendoli».

Spontaneo fare riferimento alle parole di papa Francesco di fronte ai giovani a Cracovia: «Di fronte a un orizzonte incerto potreste farvi prendere dalla paura, con il rischio di essere portati alla paralisi dell’intenzione e dell’azione. Sono quelli i momenti in cui sentite di non avere più spazio di crescere, di condividere, in un certo senso anche di vivere. Questo vi fa perdere il gusto di sognare. E noi adulti ci sentiamo spiazzati se le nostre contrade e i nostri piccoli contesti non permettono a voi giovani di immaginare un futuro più grande».

«Volete essere liberi, svegli, lottare per il futuro?», chiede, rivolto proprio alle prime file di banchi, «forse per taluno è più vantaggioso avere giovani imbambolati, che confondono la felicità con un divano. E invece voi dovete lasciare la vostra impronta nella storia di questa città. Dobbiamo tornare a un’economia più solidale che ci restituisca coraggio e libertà. Se non mettiamo in gioco il meglio di noi, il mondo non cambierà». Al termine della celebrazione, sul sagrato si accavallano gli applausi di oltre 300 persone. Una bella soddisfazione per gli organizzatori, che già sussurrano: «Finalmente un Palio così».

Francesca Valente

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