Il vescovo preoccupato per Pante e Antoniol

Nella sua omelia pasquale monsignor Andrich si è unito alla denuncia del Papa sulle persecuzioni dei cristiani e ha ricordato i missionari bellunesi

BELLUNO. Il vescovo Giuseppe Andrich e la diocesi di Belluno-Feltre «vivono con apprensione questi momenti e uniscono la loro voce a quella del Papa, che ha denunciato l’indifferenza e il silenzio di fronte alle persecuzioni dei cristiani, delle minoranze religiose e di altre persone deboli».

Con queste parole monsignor Andrich ha terminato la celebrazione della Messa da lui presieduta nella domenica di Pasqua, prima di impartire, secondo la consuetudine, la benedizione papale ai numerosi fedeli (molti dei quali rimasti in piedi nelle navate) presenti nella cattedrale di Belluno. Benedizione iniziata con un pensiero alle persecuzioni e alle stragi «che tanta apprensione stanno creando in questi momenti. Da quelle in Kenya, dove c’è stato un eccidio di giovani e studenti e dove è in missione anche il nostro vescovo, originario di Lamon, monsignor Virgilio Pante, a quelle in Niger, altra zona molto oppressa da questi momenti così tragici, dove sta operando un prete nostro, don Augusto Antoniol. Apprensioni che ci toccano molto da vicino, che ci fanno vivere con preoccupazione, ma non dobbiamo mai perdere la fede, confidando sempre nella preghiera»

Il vescovo, come si spiega in una nota della Diocesi di Belluno-Feltre, si è riferito ai fatti ben noti che hanno visto come protagonista il cosiddetto stato islamico, in particolare al massacro di Al-Shabaab in Kenya e a episodi, forse meno noti all’attenzione pubblica ma ugualmente gravi avvenuti (e che avvengono) in Siria, in Iraq e negli altri paesi del mondo dove il diritto alla libertà religiosa è misconosciuto o calpestato. Oltre che all’immediata, drammatica, attualità, il monsignor Andrich ha voluto fare riferimento, nella sua omelia, a fatti le cui conseguenze sono ben lungi dall’essere esaurite. «In questa Pasqua 2015 voglio ricordare come cento anni fa, nel 1915, si estese anche all’Italia la prima guerra mondiale: un disastro per la vita e per la tradizione delle nostre genti. Nello stesso anno, poi, un milione e mezzo di armeni venivano uccisi dalla violenza dello Stato turco: un genocidio perpetrato per uccidere la speranza di un intero popolo».

Nella sua retrospettiva sul secolo passato, il vescovo di Belluno-Feltre ha toccato anche altri fatti, arrivando ai giorni nostri, afflitti dalla «terza guerra mondiale “disseminata”, come ha detto Papa Francesco». Monsignor Andrich ha ricordato come «il male sembra prevalere e spesso ognuno di noi ripete, sconsolato, la frase pronunciata dai due discepoli di Emmaus (citazione dal Vangelo di Luca, capitolo 24, che si legge la domenica sera di Pasqua, ndr), prima che il Signore risorto li incontrasse e facesse in loro rinascere la fede e la speranza». Delusi, lungo la strada verso Emmaus i due dicono «noi speravamo» ma usano il verbo della speranza al passato, come se la speranza fosse da archiviare o da dimenticare. «Dopo l’incontro con il Risorto», ha proseguito il vescovo, «i due invertono la direzione e la loro vita non è più orientata al tramonto».

Nel commento ai brani biblici, monsignor Andrich ha aggiunto: «Dalla frazione del pane, cioè dalla Messa di questa sera (domenica, ndr), nasce qualcosa di nuovo che prepara decenni e un secolo migliore di quello che abbiamo vissuto».

Tra i riferimenti alla situazione bellunese-feltrina, quello agli anziani: «Si allunga la vita, ma le persone anziane hanno la sensazione di essere un di più, anzi un aggravio alla vita degli altri e la loro vita prolungata è una vita di solitudine».

Per la Santa Messa pasquale in Duomo, il vescovo ha voluto personalmente intonare e cantare, secondo i ritmi gregoriani, molte parti della celebrazione, dopo aver scelto per i paramenti, tra i due pastorali in dotazione alla cattedrale, quello più pesante: di metallo massiccio, portando il quale ha percorso l’intera processione di ingresso lungo la navata centrale del Duomo.

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