Imorenditore morto dopo aggressione, vita e processi al setaccio
SEDICO. Una persona solitaria e che aveva il suo carattere, spesso difficile anche nel rapporto con i suoi pochi dipendenti in azienda. Rari pure gli amici: con qualcuno andava a caccia, per liberare quei suoi segugi che tanto amava e curava benchè non potesse effettivamente cacciare in quanto gli avevano tolto il porto d’armi.
La vita di Fiorello Canal, l’impresario edile di 51 anni morto per un presunto pestaggio, ancora a inizio della settimana scorsa, viene passata al setaccio dai carabinieri e dagli inquirenti, a caccia del supposto «assassino»: di chi l’ha picchiato e ferito al punto da farlo morire, benchè l’intenzione probabilmente non fosse questo epilogo brutale.
Non a caso l’ipotesi di reato sul fascicolo del pubblico ministero Antonio Bianco è quello di omicidio preterintenzionale. L’ipotesi di un regolamento di conti o di un diverbio finito male, magari per la restituzione di soldi, sembra la pista maggiormente battuta anche se solo dall’autopsia si potrà sapere quali sono state le ferite mortali.
Sotto la lente anche le numerose cause legali, civili e penali, che hanno visto lo stesso impresario imputato e parte offesa. Come quella conclusa con l’assoluzione dell’ex compagna che lo stesso Canal aveva accusato di non avergli restituito tappeti e anche un giubotto, cristalleria e altri oggetti di valore per circa tremila euro.
Qualche causa Canal l’aveva subita invece da ex dipendenti che lamentavano mancati pagamenti e che con i sindacati avevano intentato recuperi crediti: l’ultimo pare risalga all’anno scorso. Un rapporto quello con Canal, abbastanza difficile da gestire per chi c’abbia avuto a che fare.
In molti invece non riescono ancora a credere quanto accaduto. Soprattutto i colleghi impresari e altre persone con cui condivideva alcune sue «passioni», poche per la verità.
«È una cosa orribile quello che è successo»: a parlare è Renzo Menegolla, un impresario edile amico di Canal, con cui condivideva la passione per i cani segugio e la caccia. «Era un pezzo che non lo vedevo, andavamo a caccia insieme: ora non so chi si occupa dei suoi cani. Ma anche la mia conoscenza può dirsi relativa» sottolinea Menegolla «Vede andavamo a caccia insieme ma per esempio a me non aveva detto che era divorziato così come non sapevo che aveva un figlio. Io non lo vedevo da un bel pezzo, sarà un paio di mesi: non sapevo che avesse problemi particolari. Fiorello era imprenditore come me e in questo periodo soffriva dei soliti problemi che ci sono: non penso che se lo aspettasse un linciaggio così, non saprei neanche chi può essere stato. Per me è stata una batosta sentire quel che è accaduto. C’eravamo conosciuti perché aveva la passione dei segugi: aveva degli ottimi cani, andavamo a caccia in una riserva di Arabba, in Agordino. Noi parlavamo di cani e lui si vedeva anche poco perché era sempre abbastanza via, in Agordino a lavorare: penso che stesse ancora lavorando da quelle parti sopra Agordo. Poi era abbastanza solitario, si vedeva col camion da solo, due parole e non frequentava neanche i bar per poter far chiacchiere», conclude il sospirolese. (cri.co.)
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