Imu, ottanta milioni versati dai proprietari bellunesi

Accuse di Confedilizia: «L’abitazione non è più un bene rifugio ma un investimento da cui fuggire» A Santa Giustina si sono riuniti i presidenti delle associazioni venete. Vigne confermato presidente
BELLUNO. L’abitazione non è più un “bene rifugio”, ma è stata ridotta a un investimento da cui fuggire. I proprietari di casa lo dicono ormai da anni. E lo hanno ribadito ieri in occasione della riunione dei presidenti delle associazioni di Confedilizia Veneto. Riunione che si è svolta a Santa Giustina e nel corso della quale è stata posta sotto “la lente” - o, sarebbe meglio dire, sotto “accusa” - la tassazione Imu e Tasi.


«Una tassazione che, insieme alle altre incombenze, sta distruggendo la proprietà. Tutto ha iniziato a peggiorare con il governo Monti, le cui manovre hanno appesantito gli oneri per i proprietari e abbattuto il valore dei beni», sottolinea Michele Vigne, che proprio ieri è stato riconfermato presidente della Confedelizia regionale. «La percentuale di chi è proprietario di abitazione continua a scendere: ci sono persone che vendono la casa perché non riescono a sostenere i costi che implica. E non stiamo parlando di grandi proprietari, ma di semplici famiglie colpite da una tassazione esagerata».


Dopo la scadenza del 16 giugno per il pagamento dell’acconto 2017 di Imu e Tasi, Confedilizia ha calcolato nell’8,8 per mille la media della somma delle aliquote Imu e Tasi deliberate dai Comuni capoluogo di provincia del Veneto per gli immobili locati a “canone agevolato” e nel 10,5 per mille l’aliquota media ordinaria. In Veneto, lo dicono i dati del ministero delle Finanze, il gettito Imu 2016 (ammontante a un miliardo e 208 milioni, contro i 267 milioni di Friuli e i 411 del Trentino) incide sul totale nazionale per il 7,6%, secondo in Italia solo a Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Lazio. In provincia di Belluno il dato è di quasi 80 milioni di euro, di cui 7 milioni e mezzo nel Comune capoluogo. Cifra che sale a oltre 20 milioni a Cortina.


«Bisogna che lo Stato faccia la sua parte, senza se e senza ma», dice ancora Vigne. «I dati sulle aliquote Imu e Tasi confermano l’urgenza di un intervento legislativo per salvare, almeno, l’affitto. Non si può lasciare ai Comuni la cura di un settore che, nell’ambito abitativo come in quello non abitativo, svolge, attraverso tante famiglie che hanno investito i propri risparmi negli immobili, una funzione economica e sociale indispensabile».


Per quanto riguarda le abitazioni, da Confedilizia ricordano che quasi vent’anni fa il Parlamento introdusse una speciale categoria di contratti di locazione – i cosiddetti contratti “concordati” – fondata su un patto molto chiaro: canoni al di sotto di quelli di mercato in cambio di agevolazioni fiscali per i proprietari.


«Dopo la manovra Monti del 2011, la tassazione su questi immobili si è addirittura quadruplicata, annullando l’effetto della cedolare secca», prosegue Vigne. «E l’appetibilità degli affitti a canone calmierato si è di molto affievolita».


Considerato che i Comuni prevedono solo raramente aliquote agevolate per le abitazioni locate attraverso questi contratti, secondo Confedilizia è urgente la fissazione per legge di una misura massima della somma delle aliquote Imu-Tasi, che potrebbe essere individuata nel 4 per mille.


«Nell’affitto non abitativo la situazione è ancora più grave. I Comuni non prevedono quasi mai aliquote specifiche per la locazione di locali commerciali», mettono in evidenza dalla Federazione di proprietari di casa. «Di conseguenza, in questi casi viene applicata l’aliquota ordinaria, che in media è pari al 10,5 per mille. Nel complesso, le imposte, statali e locali, arrivano ad erodere fino all’80% del canone di locazione, anche per via della irrisoria deduzione Irpef per le spese, pari al 5%. Anche qui si impone un intervento legislativo».


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