Imu sugli impianti a fune Sofma ricorre ancora
LIVINALLONGO. La Sofma, società che gestisce gli impianti dell’area sciistica del Portavescovo ha presentato un nuovo ricorso alla Commissione tributaria provinciale contro gli accertamenti Imu avanzati dal Comune per gli anni 2010, 2011 e 2012. Fu proprio da un ricorso della società che, lo scorso anno, scoppiò a livello nazionale la questione dell’applicazione della tanto odiata Imu sugli impianti a fune. Finora le società avevano accatastato gli immobili di servizio a seggiovie e funivie nella specifica categoria “E”, che la legge esonera dall’imposta. Dal 2009 però l’Agenzia delle entrate li ha riclassificati attribuendogli la categoria “D”. Ovvero quella degli immobili considerati produttivi, sui quali l’Imu invece si paga. L’anno scorso Sofma si era opposta davanti alla Commissione tributaria provinciale agli accertamenti fatti dagli uffici dell’Unione montana, che gestisce il servizio per conto del Comune. La questione era approdata fino in Cassazione dove gli alti giudici diedero ragione all’Agenzia delle entrate. La sentenza scatenò le proteste ma anche l’allarme degli addetti del settore per questa ennesima imposta che, a loro dire, rischierebbe di far fallire molte società già in gravi difficoltà finanziarie a causa delle enormi spese di gestione e delle stagioni deficitarie per mancanza di neve. Il conto, se davvero si dovesse pagare l’Imu su piloni, motori e funi, per molte di queste sarebbe decisamente salato, considerato che gli impianti sono lunghi mediamente anche oltre un chilometro e spesso le stazioni di partenza e di arrivo sono costituite da ampi locali per ospitare apparecchiature o magazzini di ricovero delle seggiole.
Dopo le pressioni e i tentativi di trovare una soluzione con il governo da parte dell’Anef, l’associazione nazionale degli esercenti funiviari, nell’autunno scorso sembrava che la questione fosse stata risolta. Purtroppo però la circolare emanata il 1° febbraio dall’Agenzia delle entrate non sembra fare la tanto auspicata chiarezza. Questa prevede che l’Imu si paghi «su suolo e costruzioni costituenti le stazioni di valle e di monte, unitamente agli impianti di tipo civile ad esse strutturalmente connessi».
«A mio modo di vedere», spiega il sindaco Leandro Grones «non cambia molto rispetto a prima. Da questa circolare io capisco che non si paga sulle strutture in ferro che costituiscono le stazioni, sui motori, le funi e i piloni. Ma se una società ci costruisce intorno un fabbricato con uffici e magazzini, beh su quelli l’imposta va pagata. È una questione che varia da comune a comune. Ma io devo pensare al mio. Se non chiedo quei soldi, come mi impone l’Agenzia delle entrate, rischio che mi contestino il danno erariale».
Nel caso specifico Sofma è ricorsa contro gli accertamenti sulla stazione a valle della cabinovia Dmc Forcella Europa. Dopo che il Comune ha vinto davanti alla Commissione tributaria, l’ufficio tributario ha inviato alla società l’avviso di accertamento per gli anni che vanno dal 2010 al 2012. La società da parte sua, nonostante la sentenza della Cassazione, ha presentato un nuovo ricorso, contro il quale il Comune si è costituito in giudizio con lo studio Tosi di Mestre. Il ricorso costerà alle casse comunali ben 17 mila euro: cifra considerevole ma giustificata secondo il sindaco, in quanto, se il Comune dovesse vincere si ritroverebbe in cassa circa 500 mila euro, l’ammontare dell’accertamento Imu dal 2009 al 2012. «Fra tutte le società, alcune delle quali hanno già pagato la loro quota», spiega «Sofma ha il conto più alto avendo fabbricati di grosse dimensioni intorno alle stazioni degli impianti».
Lorenzo Soratroi
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi