In Crepadona un debutto con 433 visitatori
Tutti estasiati dalle tele e dal cubo di Botta. Qualche piccolo appunto sulle luci
BELLUNO.
La resa dei conti è iniziata. Chiusa la cerimonia ufficiale di inaugurazione e passata la frenesia della vernice, si è entrati nel vivo della mostra “Tiziano. L’ultimo atto”. Da ieri è aperta al pubblico.
Un debutto con 433 visitatori. L’afflusso alle casse è stato continuo fin dalle prime ore del mattino. All’una del pomeriggio erano stati staccati 248 biglietti. Alle 19.30, orario di chiusura delle casse, i tagliandi staccati sono stati 433. Di questi ben 64 sono stati prenotati attraverso il call center attivato dall’organizzazione, 369 i biglietti fatti direttamente alle casse.
Un test importante, quello di ieri, quasi fondamentale, perché se ne è parlato molto, si sono fatte le cose in grande e adesso è il momento di verificare il riscontro.
All’uscita della Crepadona i volti dei visitatori sembrano compiaciuti. Molti di loro sono passati a vederla senza saperne molto, con la curiosità di chi è libero da nozioni e si abbandona alle sensazioni. «Il valore e la bellezza di questa mostra non possono essere messe in dubbio in nessun modo», ha commentato Stefano Bridda, dopo aver ammirato l’esposizione. «Non c’era una tela o un’incisione che spiccava sulle altre, ognuna riusciva a trasmettere qualcosa e a colpire, per i colori o per la potenza dell’immagine. Comunque colpiva».
E di questo parere sono un po’ tutti. Perchè effettivamente non si può affermare il contrario.
«Si capiva immediatamente, però, quando ci si trovava di fronte a un vero Tiziano», ha precisato Raffeala Mulato. «La sua grandiosità emergeva fra tutti. Non c’era paragone con gli altri e forse avrebbero potuto incentrare la mostra un po’ più su di lui, tralasciando un contorno a volte inadeguato ai suoi alti livelli. Ad ogni modo, se lo scopo della mostra era far capire l’ultimo Tiziano, ci sono riusciti bene».
E’ della stessa idea anche Stefan Riegger. Lui è di Berlino, ma trovandosi nei paraggi per tutt’altri motivi, ha scelto di fare un salto qui a Belluno, perché «sarebbe stato un peccato perdere una mostra così», ha spiegato lui stesso. «Si è percepita chiaramente l’estrema libertà e la vitalità con cui si accostava alla tela negli ultimi anni», conferma. «L’“Ultima cena”, poi, era una vera chicca. Non l’avevo mai vista e devo ammettere che mi ha lasciato davvero a bocca aperta. La sua, poi, era una collocazione ideale. Il padiglione finale riusciva a valorizzare molto bene le opere che vi erano esposte. L’unica pecca, forse, erano gli altri spazi espositivi, troppo piccoli per delle opere così grandiose che andrebbero ammirate con molta aria attorno».
Alcune perplessità le hanno suscitate anche le luci. La maggior parte delle persone che usciva non poteva fare a meno di sottolineare che era difficile trovare l’angolazione giusta per poter ammirare in pieno le varie opere. Bisognava spostarsi, andare alla ricerca della posizione migliore per evitare sgradevoli riflessi e impedimenti. Ma si tratta comunque di poca cosa. L’allestimento è stato apprezzato, soprattutto il cubo finale di Mario Botta. Per non parlare delle opere in mostra.
Sembra proprio che chi ha avuto l’occasione di entrare alla Crepadona già il primo giorno, ne sia uscito soddisfatto. E’ questo il più grande risultato.
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