In otto anni chiuse più di mille imprese nel Bellunese
BELLUNO. Dal 2008, inizio della crisi a settembre 2016, in provincia di Belluno hanno chiuso i battenti 1.057 imprese (il 50% artigiane) e si sono volatilizzati 5.762 posti di lavoro. Un dato, questo, che aveva visto il massimo del picco negativo nella primavera del 2014, quando i lavoratori in meno erano addirittura 7.800. Sono questi alcuni dei dati resi noti dalla Camera di Commercio di Treviso Belluno, che fotografano l’andamento dell’economia nel Bellunese. Un’economia che risente di una crescita media molto debole e piatta tanto da fare fatica a percepirla come tale.
L’occupazione. Una crescita che si percepisce analizzando i numeri che riguardano l’occupazione, in ripresa grazie soprattutto agli incentivi messi in atto dal Governo tramite la decontribuzione e l’attuazione del Jobs Act. Il recupero di posizioni lavorative a tempo indeterminato è avvenuto nel corso del 2015 e ha visto poi un assestamento nel 2016, quando sono state perse 500 unità. In aumento la cassa straordinaria, che supera al settembre 2016 il milione di ore, mentre è in leggera flessione la cassa ordinaria. Si restringe, così, il tasso di disoccupazione, sceso a settembre al 6%, contro il 7,1% Veneto e il 7,7% di Treviso. In aumento, nel terzo trimestre 2016, gli ingressi in lista di mobilità (+48%, da 115 a 170).
Le imprese. Le imprese attive in provincia nel settembre 2008 erano 15.546, ora sono passate a 14.489. Manifatturiero e costruzioni sono stati i settori più colpiti all’inizio, insieme al legno. Da ultimo, però, le criticità maggiori stanno interessando, oltre all’edilizia (-71 imprese in un anno), anche il commercio, dove sono andate perdute 99 aziende (61 nel solo dettaglio) negli ultimi 12 mesi. Belluno è l’unica provincia del Veneto a registrare una diminuzione sia degli esercizi sia delle superficie di vendita a disposizione. A soffrire, quindi, sono i cosiddetti negozi di vicinato e questo significa che presto le aree più isolate potrebbero essere interessate dal fenomeno dello spopolamento, specie dei giovani che si trovano senza alcun tipo di servizio.
Il settore metalmeccanico pare reagire, anche se resta con un saldo negativo, mentre il comparto che pare aver retto meglio di tutti in provincia resta l’occhialeria, che alla fine del 2016 torna ai livelli occupazionali del 2008.
Turismo e servizi alla persona sono interessati da una elevata stagionalità.
Export. Una frenata registra anche l’export (soprattutto verso i paesi extra Ue, come Turchia, Usa e Cina, ma anche verso Francia, Germania e Regno Unito), che si ferma al 2,8%, ben lontano da quel +12.2% dello stesso periodo del 2015. Cresce del 2,2% l’esportazione per l’occhialeria e del 2,5% per i macchinari. Maggiore espansione si registra per prodotti di gomma e plastica (+16,7%), concia e lavorazione di pelli (+28%). Criticità, invece, restano per metallurgia e carpenteria metallica (-9,5%).
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