In sette comuni 50 nuovi scenari di rischio: i piani per gestire possibili valanghe

Regione e Arpav hanno predisposto i documenti per aiutare i sindaci ad intervenire in caso di nevicate intense e criticità



C’è un Bellunese prima del 29 ottobre e ce n’è uno post 29 ottobre. E ad ogni nevicata, adesso, si trema. Ma da ieri gli amministratori di sette Comuni (Alleghe, Colle Santa Lucia, Livinallongo, Rocca Pietore, San Tomaso agordino, Sovramonte e Zoppè) hanno in mano i nuovi piani straordinari di protezione civile per la gestione del rischio valanghe, uno strumento predisposto dalla Regione con la collaborazione del centro valanghe di Arabba, che indica tutte le nuove aree a rischio valanghivo, comune per comune, suddivide il pericolo in base all’altezza della neve e prevede una serie di misure che i sindaci devono attuare. Quando si entra in allerta rossa si devono evacuare le persone dalle case e chiudere le strade sulle quali può cadere una valanga.

Sono 86 i nuovi siti valanghivi creati dalla tempesta in venti comuni. Cinquanta si trovano nei sette oggetto della prima fase di monitoraggio. E sono 620 le case che ricadono nelle aree di pericolo, quasi tutte distribuite fra Alleghe, Colle, Livinallongo, Rocca Pietore, San Tomaso, Sovramonte e Zoppè.

«Questa perimetrazione è molto importante per la sicurezza del territorio, un lavoro di dettaglio di oltre due mesi che ha coinvolto nella prima fase sette Comuni e che proseguirà negli altri territori colpiti», spiega l’assessore regionale alla protezione civile Gianpaolo Bottacin. «Le condizioni di rischio sono cambiate dalla fine di ottobre, e questa attività è stata ritenuta prioritaria per dare risposte preventive in un momento molto delicato».

«Dopo l’alluvione abbiamo guardato con stupore i nostri boschi e ci siamo subito resi conto che gli alberi caduti rappresentavano una protezione per paesi e strade», aggiunge il dirigente del dipartimento regionale per la Sicurezza del territorio dell’Arpav, Alberto Lucchetta, che ha illustrato insieme all’ingegner Michele Martinelli i piani agli amministratori. Fino a quando non saranno realizzate tutte le opere necessarie per difendere queste aree, il pericolo rimarrà. E bisognerà affrontarlo ogni volta che nevicherà.

La cartografia realizzata da Arpav con il supporto di alcuni professionisti riporta la perimetrazione delle zone a rischio. Sono 9 a Rocca Pietore, 3 ad Alleghe, 8 a San Tomaso, 3 a Sovramonte, 6 a Colle, 3 a Zoppè e 19 a Livinallongo. Le soglie di rischio sono diverse in ciascun territorio, perché dipendono dalla quantità di alberi schiantati, da come si sono intrecciati cadendo al suolo.

La soglia zero si ha quando viene ricoperto per il 50% il legname a terra. Da qui si sale, misurando l’altezza del manto nei campi neve: due volte al giorno (alle 8 e alle 14) viene rilevata quella al suolo, alle 8 anche la neve fresca. In base alla quantità rilevata (che va inserita dal personale apposito in un foglio di calcolo) si capisce in che fase di rischio ci si trova per la giornata in corso e, grazie alle previsioni meteo, anche per le due successive. E a questo punto si possono prendere le misure previste dal piano (monitoraggio, osservazione di eventuali segni di instabilità, fino alla chiusura delle strade e all’evacuazione delle persone che vivono nell’area interessata).

Fino a quando non saranno realizzate le opere di prevenzione, nelle aree a rischio valanghivo gli alberi schiantati non potranno essere rimossi. Liberare un intero versante può infatti creare un piano di scivolamento e la neve a quel punto non sarebbe più trattenuta da alcun ostacolo naturale. La Regione è al lavoro, l’obiettivo è ricostruire in fretta (nel giro di due o tre anni, si augura Bottacin) tutte le opere che servono al territorio per la sicurezza delle cose e, soprattutto, delle persone. —



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