«In suo onore il Carpaccio Tiziano»
Alfia Pomarè (cuoca preferita anche di Pertini) preparò il pranzo sotto il tendone
CAMPOLONGO. «Per Giovanni Paolo II, trenta anni fa», ricorda Alfia Pomarè, «per la prima volta realizzai il Carpaccio Tiziano, a base di filetto di maiale affumicato, porcini crudi affettati, scaglie di formaggio di malga invecchiato, pepe nero e olio. Poi cucinai uno sfornato di radicchio di monte; fettuccine con ragù di capriolo fatto da me; vitella di latte con crema di funghi e parmigiano; patate e verdura cotta nella cialda di parmigiano; costata con funghi di bosco».
Alfia Pomarè, di Campolongo, è famosa per essere stata la cuoca di Papi e presidenti, in particolare del presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Ma lei non ha fatto nulla per diventare un personaggio, anzi.
Finché ha potuto, ha mantenuto il massimo riserbo e racconta solo adesso, a distanza di anni, i dettagli di quel 12 luglio 1987, un giorno indimenticabile. Giovanni Paolo II, in vacanza da pochi giorni a Lorenzago, quella domenica disse messa in Val Visdende e poi pranzò nel tendone che era stato appositamente allestito vicino alla chiesetta della Madonna delle Nevi.
Nella cucina predisposta vicino al tendone, insieme ad Alfia c’era un assaggiatore; e le pietanze dovevano andare direttamente dalle mani della cuoca al tavolo, senza altri intermediari.
I vini erano offerti da Villa Sandi, con bottiglie che recavano il sigillo papale. Le grappe ed i digestivi erano dell’azienda Frescura di Bribano di Sedico, dei fratelli Pellizzaroli originari di Santo Stefano.
«Dopo pranzo il Santo Padre venne nella cucina», ricorda Alfia, «e mi disse che era rimasto soddisfatto. Ovviamente fu una grande emozione, a cui se ne aggiunse un’altra perché, qualche minuto dopo, ebbi anche la grande opportunità di volare sull’elicottero del Papa e di vedere da lassù tutto il mio Comelico. Un grande regalo, una sorta di omaggio che il dottor Battista Costantini, capo del dipartimento foreste della Regione Veneto, uno degli organizzatori, mi volle fare per il mio apporto alla buona riuscita di quella stupenda giornata. Ma tutto era iniziato quattro mesi prima. Un giorno d’aprile di quel 1987», ricorda Alfia, «mi telefonò proprio il dottor Costantini dalla Regione, allora alla guida dei forestali, chiedendomi se ero libera il sabato successivo perché c’era da preparare un pranzo. Io insegnavo, ma non il sabato; quindi dissi di sì. Specificando, però, che cucinavo, ma non servivo a tavola. Quel giorno di aprile fui portata di mattina presto alla casermetta dei forestali che c’è a Cima Canale, all’ingresso della Val Visdende; avevo fatto la spesa e preparato il menù per una decina di persone. Ad un certo punto vedo arrivare un’autocivetta e due moto, poi un piccolo corteo di macchine; due militari scendono velocemente ad aprire le porte ed io divento rossa come un peperone. Ci sono il patriarca di Venezia, cardinale Marco Cè, il vescovo di Belluno Maffeo Ducoli, due forestali di alto grado, il dottor Costantini, il comandante della Digos, un paio di altre persone che non riconosco. Il pranzo si svolge senza problemi: antipasto freddo, antipasto caldo, primo, secondi; e tocca servire a me, perché altro personale non era stato chiamato. Faccio presto a capire il perché di tanta segretezza. Al caffè, infatti, mi dicono di sedermi con loro, vicino al cardinale Cè. “Lei ha capito di cosa stiamo parlando, vero? – soggiunge il Patriarca. “Non posso dirvi una bugia – replico – andando avanti e indietro ho sentito che state organizzando la visita del Santo Padre” . “Brava, ma lei non deve farne parola con nessuno. Da qui non deve uscire nemmeno un sussurro. Il Papa verrà a luglio, prepari subito il menù e lo invii a Roma, in Vaticano, dove faranno il conteggio delle calorie” . “Ma guardate che so farlo anche io quel conteggio, è il mio mestiere...” . Così inviai il tutto a Roma, ebbi l’ok ed a luglio cucinai per Giovanni Paolo II” .
Alfia Pomarè, classe 1948, è nata a Campolongo di Cadore, ha studiato a Bologna negli anni ’60 in un laboratorio alimentare che abilitava all’insegnamento, ed a 20 anni ha iniziato a insegnare.
«Questa è stata sempre la mia vita, mi è sempre piaciuto tantissimo; sento ancora i miei ex alunni, parecchi di loro hanno fatto una carriera brillante come chef a Dubai, a Singapore, in Australia, ma anche in Italia, Francia, Germania. Dappertutto c’è voglia di cibo italiano. Studio e insegnamento, mi ci sono buttata corpo ed anima, e se tornassi indietro lo rifarei».
Ha insegnato per 40 anni Scienza degli alimenti, a Falcade, a Longarone, a Roma...
«Mi interessa parecchio», sottolinea, «il risvolto storico degli alimenti. Materia che ho anche insegnato all’Università Ca’Foscari di Venezia. Gli alimenti del territorio, la loro provenienza, la trasformazione nel tempo».
Alfia ha lavorato a lungo anche al ministero della Pubblica Istruzione, a Roma, negli anni ’90. Tanti i pranzi e le cene riservati che ha preparato, chiamata in varie prefetture del Veneto in caso di visite di personalità, ambasciatori, consoli, politici. Così divenne anche la cuoca preferita di Sandro Pertini, che era solito arrivare in Comelico in incognito a trovare il suo amico Dino Bressan, sindaco di Santo Stefano. E tanto l’apprezzava Pertini che un giorno, a metà luglio del 1982, la fece prelevare dalla sua casa di Campolongo da una pattuglia della polizia, salire su un aereo militare e portare a Roma al Quirinale per cucinare un pranzo molto speciale. C’era infatti da celebrare un fresco titolo mondiale di calcio, giunto inaspettato, una settimana prima, dopo una lunga cavalcata che aveva portato i ragazzi di Enzo Bearzot sul tetto del mondo, battendo in sequenza il Brasile, l’Argentina, la Germania. E per festeggiare degnamente, il presidente Sandro Pertini non aveva esitato a chiedere aiuto alla sua cuoca preferita, Alfia di Campolongo.
(s. v.)
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