In un anno hanno chiuso 119 imprese

I settori più colpiti l’edilizia (-2.1%), il commercio al dettaglio (-3.1%) e all’ingrosso (-2.5%). L’artigianato arranca
LAVORI EDILI, CANTIERE OPERAIO CON CASCHETTO
LAVORI EDILI, CANTIERE OPERAIO CON CASCHETTO

BELLUNO. Tengono l’agricoltura, i servizi alle imprese e alla persona, le attività professionali. Flessioni nel manifatturiero, dagli esercizi pubblici al metalmeccanico, nelle costruzioni e nel commercio sia all’ingrosso che al dettaglio.

È un quadro con luci ed ombre quello che traccia la Camera di Commercio di Treviso e Belluno relativamente al quarto trimestre 2016 nella provincia montana.

A poche settimane dal report sull’economia provinciale, arriva ora il punto sulla demografia d’impresa, cioè sul numero delle aziende presenti nel territorio.

In provincia si contano alla fine dell’anno scorso, 119 aziende in meno (-0.8% sul totale passando da 14.549 a 14.430) contro una flessione pari a - 207 del 2015 (-1.4%).

In controtendenza negativa tre comparti, principalmente: il commercio che nel Bellunese porta ad un calo di 86 imprese di cui -49 nel dettaglio (-3.1%, nel 2015 il valore negativo si era assestato su -49) e -31 nell’ingrosso (-2.4%), con una flessione complessiva pari al - 2.5%.

Nemmeno il settore industriale è rimasto alieno da riscontri negativi, marcando tensioni nel comparto delle lavorazioni dei prodotti in metallo (-14), nelle imprese dell’altro manifatturiero (-13) e nell’industria del legno (-8) ai quali è imputabile il calo complessivo di 39 unità.

Va sottolineata la tenuta del settore gomma e plastica più reattivo nell’agganciare mercati e filiere dinamiche.

Positivo il bilancio delle attività del terziario, sospinte dalle attività professionali, scientifiche e tecniche (+10), e dai servizi alle imprese (+25). Tuttavia segnali di debolezza si avvertono per le imprese di trasporto e magazzinaggio (-4), e per il comparto turistico (-5, di cui ristoranti).

Anche l’edilizia pare risentire ancora della crisi: nel Bellunese nel 2016 hanno chiuso 52 imprese (-2.1%) contro le 86 chiusure dell’anno precedente.

«La propensione a fare impresa resta dentro tendenziali negativi», commenta il presidente della Camera di Commercio, Mario Pozza che prosegue: «Dobbiamo sempre di più interrogarci sulle cause profonde di ciò, senza consolarci dietro la decelerazione del fenomeno».

Pozza si dice preoccupato per «questa onda lunga della crisi che ora si estende anche al commercio al dettaglio. Cosa che rinvia a tre macro temi: redditi e propensione al consumo delle persone; la re-immersione dell’esperienza al consumo nei tessuti urbani e nella dimensione della prossimità; lo sviluppo dell’e-commerce».

Per quanto riguarda l’artigianato, anche per effetto della contrazione dell’edilizia, in provincia il comparto perde 66 imprese (-1.3% passando da 5.135 a 5.069)contro le 81 del 2015. Un valore che raggiunge questi valori per il crollo dei servizi alle imprese (-14%). Non se la passano meglio in campo artigianale, il settore delle attività manifatturiere con un -2.1%, di cui un -4.3% nel sistema alimentari e bevande, -3% nel comparto moda, un -2.2% per il legno arredo e un -4% per il metalmeccanico.

«Continua l’emorragia della micro impresa artigiana», commenta Pozza, « quella delle partite Iva o con dimensioni fino a 5 addetti. Tiene invece il tessuto artigiano più strutturato, dai 6 addetti in su, anche in termini occupazionali. Non è un caso che il grosso delle contrazioni nell’artigianato interessi le aziende legate all’edilizia. Non possiamo, quindi, fare di ogni erba un fascio. Non dobbiamo penalizzare e mortificare tutti coloro che in questi anni di crisi si sono rimessi in discussione e hanno avviato importanti processi di riorganizzazione. Anche l’artigianato deve restare posizionato nei mercati di pregio e nelle filiere più competitive anche».

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