«Incendio accidentale non penso ad un dolo»

ALLEGHE. C’è una mano dietro agli incendi delle baite? Il sindaco di Alleghe, Siro De Biasio non vuole crederci. Aspetta la fine delle indagini di carabinieri e vigili del fuoco sul rogo di quella...
Di Gigi Sosso

ALLEGHE. C’è una mano dietro agli incendi delle baite? Il sindaco di Alleghe, Siro De Biasio non vuole crederci. Aspetta la fine delle indagini di carabinieri e vigili del fuoco sul rogo di quella della famiglia Soppelsa nella notte tra sabato e domenica, ma si è fatto l’idea che non sia doloso. Né questo né l’altro dell’anno scorso, a qualche centinaio di metri. I militari hanno trovato un tubo di plastica, a una ventina di metri dal rustico distrutto dalle fiamme, che è stato sequestrato su mandato del sostituto procuratore Katjuscia D’Orlando, e il sequestro è già stato convalidato. L’inchiesta è in corso e il fascicolo è stato aperto contro ignoti.

Chiarirà qualcosa quel tubo? «Secondo me, l’incendio è da addebitare a cause naturali. Posso pensare a un fulmine, ma non a qualcuno che abbia appiccato volontariamente il fuoco», allarga le braccia De Biasio, «fra l’altro, non mi risulta che questa famiglia abbia dei nemici: è impegnata con la protezione civile e nel mondo del volontariato, sicché non ho proprio idea di chi potrebbe aver compiuto un gesto così grave. Sono convinto che la spiegazione sia molto meno complicata e vada ricercata in una fatalità».

Non ci sono testimoni. Alle 6.30 di domenica, l’allarme è stato dato dal responsabile delle funivie alleghesi, che ha visto una colonna di fumo sopra Rive di Pezzè e avvertito i vigili del fuoco. Quando i pompieri sono arrivati sul posto, hanno trovato la baita ormai compromessa, incontrando qualche difficoltà nel rifornimento idrico, perché lassù di acqua non ce n’è. L’intervento è durato sei ore, grazie anche all’aiuto dei volontari di Selva di Cadore e Colle Santa Lucia: «Nessuno si è accorto di nulla, nel corso della notte», riprende il primo cittadino, «eppure le fiamme hanno rovinato irrimediabilmente la struttura. I proprietari ci avevano passato la giornata di Ferragosto e garantiscono di aver lasciato il rustico, dopo aver preso tutte le precauzioni, come al solito. Siamo sui 1.500 metri di altitudine, in una zona povera di acqua, ma credo che non sarebbe stato possibile limitare i danni più di così, visto quanto può aver bruciato l’imnmobile. È una disgrazia, un dolore grande per chi ha fatto dei sacrifici e li ha visti inceneriti».

Non è la prima volta che succede. Negli ultimi due anni, sono tre le baite andate a fuoco. Impossibile che ci sia qualche collegamento? «Sono a una certa distanza l’una dall’altra», conclude De Biasio, «dubito che ci possa essere qualche nesso. In tutti i casi, credo che le cause siano accidentali».

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