Incendio della pizzeria a Pieve di Cadore: rischiano 7 anni

Oggi in carcere l’interrogatorio di garanzia di Laritonda e Lauro mentre Ferraro sarà sentito in ospedale

Esplosione in una pizzeria di Pieve di Cadore, un ferito grave

PIEVE DI CADORE. Rischiano 7 anni di prigione. È fissato per stamattina, alle 11.30, nel carcere di Baldenich l’interrogatorio di garanzia di Fabio Laritonda e del tassista Giuseppe Lauro, due dei tre indagati per l’incendio con esplosione della pizzeria “Mordi e fuggi” di Pieve di Cadore. Mentre il pizzaiolo brindisino Pasquale Ferraro, che è agli arresti domiciliari in un ospedale di Bari, dove è ricoverato per le gravi conseguenze del violento scoppio del 24 aprile, sarà sentito per rogatoria. I due a Baldenich devono rispondere di incendio doloso aggravato in concorso e saranno ascoltati dal giudice per le indagini preliminari Sgubbi, alla presenza dei loro avvocati di fiducia e del pubblico ministero titolare del fascicolo Sartorello.

Nessuno anticipa la strategia difensiva, non si sa quindi se gli indagati risponderanno alle domande, difendendosi dall’accusa che viene mossa nei loro confronti, alla fine delle indagini dei carabinieri della Compagnia di Cortina e dei vigili del fuoco del Comando di Belluno; o se si avvarranno della facoltà di non rispondere o addirittura se confesseranno. Potrebbero anche chiedere una misura diversa dal carcere o dagli arresti domiciliari, che eventualmente non sarà facile da applicare: infatti i tre ordini di custodia cautelare chiesti e ottenuti dal magistrato si spiegano con il pericolo della ripetizione del reato e dell’inquinamento delle prove.

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La pena prevista per l’incendio doloso aggravato, se dal fatto deriva pericolo per l’incolumità pubblica come nel caso in questione, va da tre a sette anni. Ferraro avrebbe potuto perdere la vita e provocare una strage e non solo i gravi danni ai negozi vicini, oltre che alla pizzeria gestita dal cadorino Alessandro Piccin, che ci sono effettivamente stati. L’aggravante contestata dalla procura della Repubblica è relativa all’orario notturno. Erano le tre passate, quando un’esplosione ha lacerato il silenzio e i muri di via XX settembre. Completamente distrutta la pizzeria. Nel corso dei due mesi scarsi di indagini, non è emerso dove sia stata comprata la benzina, che avrebbe dovuto soltanto contribuire a bruciare il locale. Non ci sono immagini che documentino l’acquisto del carburante, ma non dev’esserne servito poi tanto, per provocare quegli effetti devastanti, in un ambiente piccolo e caratterizzato anche dalla presenza di un forno, che potrebbe anche aver fatto la sua parte, nell’effetto bomba.

Proprio la benzina e i suoi vapori sono la chiave delle indagini. Ne è stata trovata sugli indumenti di Ferraro, dopo che era stato sbalzato all’esterno dall’onda d’urto dell’esplosione. Il giovane pugliese ha chiesto aiuto a “Fabio, Fabio” e il Dna trovato sui guanti e il passamontagna rinvenuti al parco Roccolo di Pieve portano alla famiglia Laritonda. Lauro è stato tra i primi a soccorrere il ferito, ma alle telecamere della videosorveglianza non erano sfuggiti diversi passaggi della sua Chevrolet adibita a trasporto pubblico. Gli alibi del sonno per Laritonda, dell’incontro galante con una non meglio identificata Francesca per Ferraro e della corsa notturna per Lauro non sono ritenuti credibili.
 

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