Incentivi al mini idroelettrico: ora il governo fa dietrofront
Gli incentivi al mini idroelettrico potrebbero essere ripristinati. A lanciare l’allarme sono Italia Nostra e Free Rivers Italia, il coordinamento nazionale di oltre 50 associazioni a tutela delle acque. In realtà il provvedimento che eliminava gli incentivi aveva solo lasciato in sospeso i progetti in attesa di autorizzazione, in attesa del via libera definitivo al decreto rinnovabili Fer 1 che proprio in questi giorni avrebbe trovato la quadra anche sulla base delle osservazioni presentate dal Dg Concorrenza della Commissione europea, che ha contestato la scelta di ridurre la platea di chi poteva ambire agli incentivi.
È in questa sede che le lobby dell’idroelettrico hanno alzato la voce, ottenendo un passo indietro da parte del governo. «Pare proprio che anche sul fronte della tutela dei corsi d’acqua naturali non ci sarà il cambiamento promesso e che il “Far West” delle centraline non finirà», scrive il Coordinamento nazionale tutela fiumi. «Apprendiamo che i ministri M5S, Di Maio e Costa, cedendo alle pressioni delle lobbies e della Lega, stanno per ripristinare proprio quegli incentivi al mini-idroelettrico che loro stessi avevano abolito. Incentivi che hanno causato, negli ultimi dieci anni, la devastazione di moltissimi corsi d’acqua naturali e di interi ecosistemi sulle Alpi e sugli Appennini. Si parla, solo nel Bellunese, di circa 80 nuovi progetti per fare energia che di “verde” ha ben poco».
Gli 80 citati, più che nuovi, sono progetti presentati da tempo e ancora in attesa di autorizzazione. Il Coordinamento sottolinea anche l’incoerenza della situazione: «Esultano i produttori, per lo più società private a cui vengono dati soldi pubblici, pagati in bolletta dai cittadini. Negli stessi giorni, però, le stesse associazioni di produttori chiedono “lo stato di calamità naturale” per gli impianti esistenti, in quanto la siccità ha diminuito le produzioni. Il mini-idroelettrico», sottolinea ancora il coordinamento, «oltre ad avere un impatto devastante sugli ultimi torrenti ancora liberi, dà pure un contributo trascurabile al fabbisogno energetico nazionale. E riceve oltre un miliardo di euro di incentivi all’anno». Il coordinamento ricorda la produra di infrazione aperta dall’Ue per il mancato rispetto della Direttiva acque, e le sentenze della Cassazione che hanno dato ragione a chi si opponeva alle centraline sul Grisol e sul Talagona: «La realizzazione di nuove opere potrebbe dunque portare a una sanzione europea. Incentivando nuove centraline anche sui torrenti naturali, si rischierebbe quindi di dover far pagare due volte i cittadini, prima per gli incentivi, poi per un'eventuale infrazione comunitaria. Oltre il danno, la beffa». Ma non basta: rispetto al passato le tariffe in decreto sarebbero addirittura aumentate.
Deluso ma non rassegnato Federico D’Incà, il deputato bellunese del M5S che ha lavorato all’eliminazione degli incentivi e che conferma l’operazione di lobby in corso: «Le richieste fatte da parte degli esclusi, che è vero, sono appoggiati dalla Lega, hanno modificato lo scenario rispetto al provvedimento che eravamo riusciti ad ottenere ad inizio anno. Questo però non è il momento di fare polemica, a me interessa risolvere il problema e i margini ci sono, ci sto lavorando». Nelle ultime ore ci sono stati ulteriori approfondimenti con il ministero dell’Ambiente e quello dello Sviluppo economico e oggi si dovrebbe capire qualcosa in più di quanto succederà. «Confermo che l’obiettivo del M5S è quello di eliminare le speculazioni a danno dell’ambiente», prosegue D’Incà. «Speravo che la direzione ambiente avesse più forza rispetto alla direzione concorrenza, anche perché qui non si tratta di violare i principi della libera concorrenza, siamo di fronte a un problema ambientale. Noi riteniamo di aver recepito correttamente la direttiva europea». —
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi