«Incontrerò gli alpini per la preghiera»
BELLUNO. «Finora non ho emanato, nella mia diocesi, alcuna indicazione sul fatto di leggere o non leggere o come leggere la “Preghiera dell’alpino”».
Il vescovo di Vittorio Veneto, monsignor Corrado Pizziolo, interviene sulla questione che, negli ultimi giorni, è diventata praticamente “virale”, scatenando discussioni nei social network e salendo “alla ribalta” delle cronache, anche nazionali. I fatti risalgono al giorno dell’Assunta quanto, nella cappella alpina del passo San Boldo, al confine tra le province di Treviso e Belluno, il sacerdote che celebrava la messa per le penne nere di Cison non ha permesso la recita della tradizionale “Preghiera dell’alpino”, per riferimenti alle armi, proponendo una versione più pacifica. L’Ana si è rifiutata di leggere il testo in chiesa e l’ha, invece, fatto all’esterno.
«Mi sono accuratamente informato, da persone presenti, sui fatti accaduti al San Boldo», commenta il vescovo, presente ieri a Belluno per la conferenza stampa di presentazione del biennio sperimentale di formazione di operatori del turismo religioso. «La stampa parla di proibizione di leggere la preghiera degli alpini, di “censura” e così via. In realtà il sacerdote celebrante (un padre Servita da poco giunto in diocesi) si era limitato a chiedere - in una celebrazione dell'Assunta in cui gli alpini erano non più del 30-40% dei presenti - la sostituzione della parola "armi" con "animi" e della parola “contro” con “di fronte”. Questo non è stato accettato dai responsabili».
«Mi è stato segnalato che, probabilmente per disattenzione, l’invito a lasciare la chiesa e la conseguente uscita degli alpini sono avvenuti prima della normale conclusione della messa, con disagio e disorientamento degli altri fedeli. Ciò mi sembra molto spiacevole», continua Pizziolo, ribadendo di non aver mai emanato nella sua diocesi alcuna indicazione. «Evidentemente questo fatto e la risonanza mediatica esagerata che sta avendo mi costringeranno a intervenire per trovare, in dialogo con gli alpini, una posizione che eviti il ripetersi di questi fatti».
Una «posizione» su cui il vescovo non anticipa nulla. «Tutto è da decidere», aggiunge, «se fare incontri con l’Ana o stabilire delle regole. Vedrò come muovermi. Ricordo comunque che la “Preghiera dell’alpino”, in alcuni luoghi, viene già utilizzata con formule differenti rispetto all’originaria. E il testo è stato modificato dagli alpini stessi nel 1985».
Senza contare i diversi rimaneggiamenti subiti negli ultimi cinquant’anni per adeguarsi ai tempi che cambiano (la prima versione parlava del duce e del re). «Ricordo anche che la Cei ha approvato nel 2008 una modifica del “Padre Nostro”, sostituendo le parole “non indurci in tentazione” con “non abbandonarci alle tentazioni», dice Pizziolo. «Una modifica che entrerà a breve nei messali. Come si capisce, anche il testo di una delle più conosciute preghiere cristiane ha subito una variazione». E sulla questione della richiesta di modifica della “Preghiera dell’alpino” è intervenuto anche il governatore del Veneto Luca Zaia: «Trovo strana questa richiesta», afferma, «così come, ad esempio, vietare in chiesa l'Ave Maria di Schubert. Ma non ho problemi ad affermare che, se la si modificasse, si sbaglierebbe: sarebbe come chiedere agli alpini di togliere la penna dal cappello».
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