Incubo cornacchie: danneggiano campi di mais e fieno

Dal Paos (Coldiretti) chiede un aiuto a Palazzo Piloni che sta predisponendo un piano per la loro riduzione

BELLUNO. Dopo cervi, cinghiali e lupi, anche le cornacchie fanno impazzire gli agricoltori. Sia grigi che neri, questi volatili sono numerosissimi nel Bellunese e provocano ingenti danni alle colture. Basti pensare che, dal 2012 al 2017, i risarcimenti per danni da animali selvatici presentati dai bellunesi alla Regione ammontano a 595 mila euro; solo lo scorso anno le domande sono state 123 per un totale di 94 mila euro (3 mila hanno riguardato i corvidi).

L’allarme. «Ce ne sono troppi», lancia l’allarme il presidente di Coldiretti, Silvano Dal Paos, «e i danni si vedono, soprattutto nel momento della semina del mais. Questi uccelli, infatti, entrano in azione seguendo la fila seminativa e costringono l’agricoltore a riseminare. Le lamentele arrivano soprattutto dalla Valbelluna (Sedico e Sospirolo in primis) e da Belluno. E non dimentichiamoci che le cornacchie, oltre a essere predatrici di piccoli animali domestici come i pulcini, rappresentano anche un pericolo per il fieno: bucando la copertura di plastica delle balle utilizzate come scorta di cibo per gli animali, fanno entrare aria e pioggia e il fieno marcisce».

È per questo che Coldiretti chiede un aiuto alla Provincia perché attui un piano di riduzione di queste specie. Un piano che sembra essere in dirittura d’arrivo.

I numeri. «Le cornacchie», spiega Loris Pasa, dell’Ufficio Caccia e pesca di Palazzo Piloni, che si occupa del caso, «sono animali intelligenti, stanziali nella nostra provincia, anche se qui ne arrivano molti dall’Europa del nord per svernare». Nel Bellunese sono presenti almeno 6 mila esemplari di cornacchie, ma potrebbero essere anche molti di più. «Siamo riusciti a ricavare questi numeri», precisa Pasa, «grazie al fatto che nei mesi invernali le cornacchie vanno a dormire in posti caldi come le aree adibite a caldaia degli ospedali di Belluno e Feltre e della Cartiera di Santa Giustina. In questi veri e propri dormitori possono trovare non solo temperature più miti, ma anche degli alberi all’esterno dove poter passare la giornata. È qui che sono state censite».

Quando poi arriva la stagione della semina, intorno ad aprile, gli uccelli si spostano, passando le ore diurne nelle campagne mentre la sera tornano sopra gli alberi.

Le cornacchie sono onnivore, quindi si cibano di tutto: dai semi di mais ai frutti, dalla carne fino a quello che trovano nelle discariche. «Per questo motivo consigliamo le persone che hanno un orto di lavare bene verdure e insalata: tramite gli escrementi, infatti, questi uccelli possono trasmettere malattie come la salmonellosi».

Il piano di controllo. Due anni fa si è concluso un piano provinciale di controllo della popolazione di cornacchie: «Dopo lo stop del 2017, ad aprile di quest’anno ripartirà il programma di controllo su cui si è espresso l’Istituto superiore di protezione della fauna selvatica. Il piano sarà triennale e prevede la cattura di un certo numero di volatili, tramite delle gabbie ad hoc che distribuiremo a chi ha fatto dei corsi specifici ed è abilitato a questo tipo di catture», dice Pasa. Per contrastare questi uccelli, gli agricoltori hanno a disposizione altri mezzi come spaventapasseri animati, strisce rifrangenti, strumenti che producono rumori molesti per le cornacchie. «Ma si tratta di espedienti di breve durata, perché gli uccelli capiscono che sono “falsi”, e per noi ricomincia l’incubo», conclude Dal Paos.

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