Insegnanti precari senza stipendio dall’inizio della scuola
BELLUNO. Lavorano senza stipendio dal primo giorno di scuola. Sono i precari, titolari di cosiddette supplenze brevi, che a volte di breve non hanno nulla fuorché il nome. Sono centinaia in provincia di Belluno, decine di migliaia in Italia, gli insegnanti che a settembre sono entrati regolarmente in servizio dopo aver ricevuto la tanto attesa “chiamata”: da quel giorno, ancora nessuna busta paga. È una storia, questa, che si ripete ogni anno, ma mai con un ritardo così prolungato e per di più senza alcuna prospettiva.
Colpa, a quanto pare, dell'informatizzazione eccessiva. «Fino all'anno scorso c'era un rapporto diretto tra le segreterie e la Ragioneria territoriale responsabile di liquidare i compensi, e tutto era molto più veloce» spiega un'assistente amministrativa bellunese.
«Adesso invece tutto deve passare per il Sidi, il portale del Miur, ma il sistema funziona a singhiozzo, spesso si blocca, abbiamo problemi nel caricare i contratti e tutto è rallentato».
La responsabilità non è dunque delle scuole, che hanno espletato l'iter burocratico da tempo e non sanno più cosa rispondere ai numerosi docenti che chiedono loro spiegazioni. «La verità è che il Miur non ha liquidità» afferma Milena De Carli dello Snals, sindacato di categoria. «Quello che sta succedendo è una vergogna, quegli insegnanti fanno affidamento sul loro stipendio per vivere, come tutti i lavoratori, e alcuni si trovano in situazioni di vera emergenza: l'Amministrazione centrale dovrebbe essere altrettanto solerte nel dare quello che spetta, come lo è nel chiedere».
E oltre al danno, la beffa. I “supplenti brevi”, infatti, sono sì quei docenti che hanno accettato supplenze momentanee, ma nella maggior parte ricoprono l'incarico per lunghi periodi, ad esempio quando sono chiamati a sostituire delle maternità che si protrarranno per tutto l'anno scolastico. Ma per questioni burocratiche sono dei precari di serie B: il loro contratto prevede tutti i doveri dei colleghi di ruolo e dei supplenti nominati fino al 30 giugno, ma non hanno gli stessi diritti. Oltre ad essere pagati quando comoda al Ministero, non hanno diritto a permessi o ferie retribuiti, né hanno accesso alle 150 ore di diritto allo studio, che invece vengono riconosciute a tutti i colleghi che frequentano corsi abilitanti o di specializzazione e aggiornamento professionale.
«Abbiamo più volte contattato il Ministero, ma l'unica risposta è stata il prendere atto della situazione» continua la De Carli. «I sindacati si stanno attivando e pare che qualcosa si stia sbloccando e che un po' alla volta gli stipendi verranno emessi, ma ad oggi non c'è nessuna certezza». (bdp)
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