Instagramers sul “sentiero del ferro”
BELLUNO. «Siamo a Belluno, la città splendente». Ha esordito così Marta Azzalini, guida turistica del capoluogo, durante il primo “instameet” organizzato in centro storico. Splendente per modo di dire, perché la pioggia scendeva e forte, ma questo non ha fermato gli oltre trenta partecipanti all’appuntamento fotografico. Amanti della fotografia che alla fine sono stati premiati dall’uscita di qualche raggio di sole.
L’instameet, come dice la parola, è un incontro tra instagramers cioè persone che sono iscritte al social network omonimo e che condividono la passione di scattare foto artistiche e condividerle con gli altri. Per organizzarlo sono sufficienti una community instagramers attiva, un luogo da visitare, uno spazio per l’after instameet, un intento che chiarisca il percorso e dei partner che lo supportino.
L’idea di proporlo a Belluno nasce dalla volontà della community bellunese di mostrare, attraverso “il sentiero del ferro”, quello che era l’artigianato locale del 1500 e il modo in cui è stato ripreso oggi da alcuni artigiani del territorio.
I partecipanti, una trentina da tutto il Triveneto, si sono ritrovati alle 15.30 in piazza Duomo. «É il secondo instameet a cui partecipiamo», ha affermato una coppia proveniente da Asiago. «Il primo si è svolto la settimana scorsa nella nostra città. Abbiamo scoperto questo attraverso i social, ci ha incuriosito e abbiamo deciso di partecipare».
Il gruppo, non molto numeroso per facilitare le spiegazioni della guida, si è così diretto verso piazza delle Erbe, proseguendo poi per porta Dojona, piazza Santa Stefano, via Le scalette, per raggiungere infine Borgo Pra.
Durante il percorso sono state mostrate alcune parti in ferro del centro storico come le quattro bocche della fontana in piazza Duomo che, secondo la leggenda, furono create dalla fusione di un cannone ed è stata raccontata la storia di una città, Belluno, sorta su di un colle alla confluenza tra il fiume Piave e l’Ardo. La vera meta del percorso è stata però Borgo Pra perché coloro che lavoravano il ferro e i metalli avevano bisogno di sfruttare l’acqua e costruivano così le loro officine lungo il torrente Ardo.
Proseguendo il percorso, gli instagramers hanno potuto visitare due luoghi solitamente chiusi al pubblico: la chiesa seicentesca di San Francesco e l’antica officina Orzes, in cui sono conservati ancora tutti gli strumenti di lavorazione del ferro e un mulino ad acqua funzionante. L’officina Orzes, insieme alla Busighel, situata invece in via dei Fabbri e di cui rimane ben poco, erano due laboratori molto importanti che sul finire del ‘500 fabbricavano spade per gli eserciti di tutta Europa e soprattutto per quelli scozzesi, arrivando a produrne anche 600 al mese.
«Il messaggio della giornata era semplice», ha affermato Michela De Pellegrin, una delle organizzatrici dell’evento, «riscoprire le tecniche artigiane degli antichi spadari bellunesi del ‘500 e confrontarle con quelle moderne dei laboratori 2.0, come Hapter Eyewear, che cercano oggi di fondere assieme tradizione e modernità».
Hapter Eyewear, ultima tappa del percorso, è un brand italiano fondato nel 2009 da Eric Balzan e Mirko Forti che cerca di dar forma a un concetto di occhialeria progressiva che fonde acciaio e tessuti d’alta gamma in modelli retro-avanguardistici in grado di coniugare tecnologia e artigianalità. Il laboratorio, situato da un anno a Borgo Prà, ha aperto le porte al gruppo di instagramers che hanno potuto assistere alle varie fasi di lavorazione degli occhiali.
«Questa era la nostra idea», ha spiegato De Pellegrin. «Ci siamo quindi coordinati con Igersbelluno per inserirla in un percorso culturale e in un format collaudato come l’Instameet. Un evento inusuale, ma molto attuale. Volevamo essere in qualche modo i precursori di tale format qui a Belluno. E ci siamo riusciti».
L’incontro si è concluso con un brindisi e uno piccolo spettacolo di due ragazzi che, vestiti da cavalieri, hanno riproposto le tecniche di combattimento del 1500. «Siamo rimasti molto soddisfatti», ha concluso De Pellegrin. «Al momento si tratta di un evento isolato ma, dato il successo di questo esperimento, crediamo si possa replicare in forme diverse che abbiano però sempre, come punto di partenza, l’artigianalità bellunese».
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