Ippoturismo in ginocchio: «Fatturato ridotto a zero»

Non si può andare in sella e gli animali non possono essere allenati. «Alcuni allevatori ipotizzano di portare al macello alcuni capi se non li vendono»

BELLUNO

Vendite sospese, monte degli animali ridotte del 90%, azzerato il comparto del turismo. Gli allevatori di cavalli della provincia sono allo stremo. In questi anni hanno saputo ritagliarsi un segmento lavorativo importante, ma l’emergenza dovuta al coronavirus ha azzerato le loro attività e, conseguentemente, i fatturati.

«La situazione è talmente grave che alcuni allevatori stanno ipotizzando addirittura l’abbattimento al macello di alcuni capi se non riuscissero a vendere nel breve periodo, per garantire il mantenimento dei soggetti principali dell’allevamento», fanno sapere cinque realtà bellunesi. «Altri potrebbero chiudere l’attività».

La Fattoria Tita e Glo di Gloria Caffont (Borgo Valbelluna), e le aziende agricole Molin Fop Riccardo di Zoldo Alto, Laura De Zaiacomo di Rivamonte, Del Col Riccardo di Castion e Margherita Agostini di Sospirolo di rivolgono a Regione e Provincia per segnalare le gravi difficoltà che stanno vivendo.

Queste aziende nel corso degli anni hanno avviato attività connesse a sostegno dell’allevamento, come l’ippoturismo con trekking a cavallo o attività di equitazione in campo, ma anche attività agrituristiche e campus estivi in azienda per bambini e ragazzi. Il lockdown le sta mettendo in grave crisi.

«Rispetto agli allevamenti da carne o latte della zootecnia, che hanno ridotto le attività ma hanno comunque un reddito che garantisce la sopravvivenza, gli allevamenti di cavalli hanno un fatturato zero», si legge nella lettera.

«In questa stagione (marzo-giugno) fanno normalmente il 70% dei ricavi dell’anno». Non si incassa nulla ma i costi fissi di mantenimento dei cavalli restano elevatissimi. «In questa stagione normalmente si riescono a vendere diversi soggetti e, per i pochi che hanno stazione di riproduzione, si fanno il 99% delle monte della stagione. «Vista la situazione di incertezza, il 90% dei privati proprietari di fattrici ha scelto di non ingravidarle», si legge ancora. Crolleranno le nascite dei puledri.

Il lockdown ha poi impedito di svolgere tutte le attività turistiche, come l’escursionismo a cavallo. «La primavera copre una fetta importantissima del fatturato annuo dell’intera azienda. Il periodo da marzo-aprile a fine giugno è la parte più attiva dell’intera stagione, grazie alle temperature miti rispetto al caldo estivo controindicato per i cavalli. Nel Bellunese il trekking a cavallo e l’ippoturismo è sostenuto principalmente dalle nostre aziende agricole che, anche se non sono ufficialmente raggruppate in rete d’impresa, lavorano come tali. L’assenza totale di turismo e l’impossibilita di frequentare i nostri allevamenti e agriturismi anche da parte della popolazione locale sta mettendo a dura prova un sistema che già prima del Covid 19 risultava molto fragile e delicato, anche se turisticamente di forte attrattiva e riscontro grazie anche alla promozione da parte della Regione Veneto con progetti come “La via delle Prealpi” o la Claudia Augusta (che coinvolge ben tre dei nostri allevamenti)».

Nemmeno riattivare queste attività è così semplice. C’è un’ordinanza che vieta di salire in sella, quindi i cavalli non possono essere tenuti allenati. Per tornare ad affrontare passeggiate, servirà un periodo di allenamento. «E se poi fosse confermato come da indiscrezioni Fise che le attività riprendano con la possibilità di avere in campo massimo due persone con accessi in allevamento limitati, risulterebbe addirittura antieconomico riavviare tale attività».

Una situazione grave, e per questo le aziende agricole chiedono a Regione e Provincia di attivare un tavolo di confronto, «al fine di identificare quali possano essere le misure immediate, sia a livello agricolo che turistico, da adottare atte a preservare la sopravvivenza delle nostre aziende». —
 

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