Ismail è in un campo profughi la mamma andrà a prenderlo

Il figlio del defunto foreign fighter partito da Longarone sarebbe a Camp Roj La donna è autorizzata dal Tribunale dei minori ma ci vorrà l’esame del Dna

BELLUNO

Ismail adesso è un ometto. Il figlio di Lidia Solano Herrera e del defunto Ismar Mesinovic ha compiuto sette anni a settembre e non può ricordarsi della sua mamma. Non la vede dal 2013, da quel giorno del mese di dicembre, in cui suo padre l’ha caricato su una macchina, portandolo prima in Bosnia e poi in Siria. A bordo di quel veicolo diretto verso i campi di battaglia dell’Is, c’erano anche l’altro foreign Munifer Karamaleski, la moglie Ajtena e le tre figliolette. Non si sa ancora nulla del destino della famiglia macedone partita dall’Alpago.

Fonti vicine a Solano Herrera rivelano che Ismail Davud dovrebbe essere a Camp Roj, un campo profughi dalle parti di Raqqa, in Siria. La città nel nord del martoriato Paese mediorientale è stata la capitale del sedicente Stato islamico ed è caduta nell’ottobre dell’anno scorso, dopo un assedio da parte delle milizie curdo-siriane, sostenute dagli Stati Uniti. La zona risulta sotto il controllo delle Unità di protezione popolari (Ypg), le unità curde che controllano il nord della Siria e i campi di detenzione. Lidia Solano ha già lanciato un appello ai padroni di casa, che suona più o meno: «In nome di Allah, il Clemente, il Misericordioso, mi rivolgo a Voi nella consapevolezza che possiate comprendere il mio dramma. Sono la madre di Ismail Davud e con il cuore infranto vi supplico, affinché possiate adoperarvi a farmi riabbracciare mio figlio l'unica persona in grado di darmi la forza per continuare a vivere».

Il fatto che sabato abbia risposto su Messenger «Ciao Gigi, ho avuto notizie grazie a Dio tutto bene» può voler dire che quella lettera accorata ha avuto una risposta positiva e le speranze di poter riabbracciare il suo piccolo sono molto concrete. Non ha rivelato di preciso dove si trova il bambino, ma ha anche aggiunto di poterlo vedere e tutto questo rafforza la speranza che la dolorosa vicenda possa avere un finale da vissero tutti felici e contenti. La donna è del tutto legittimata dal Tribunale dei Minori di Venezia ad andare a riprendersi il figlio in Siria e a occuparsene, almeno fino al raggiungimento della maggiore età.

Quello che non potrà mancare è un esame del Dna. Una madre riconosce il proprio cucciolo, ma è anche vero che, a suo tempo, la donna si era convinta che Ismail Davud fosse quello che, in realtà, è il figlio di Seid Colic. Cioè un altro bosniaco combattente sotto le bandiere nere dello Stato islamico, fotografato in sella a una moto con la mimetica e la barba d’ordinanza. L’accertamento sarà determinante, prima del ritorno a casa di un bambino, che ha visto la guerra e potrebbe essere stato indottrinato, secondo i dettami più stretti della legge islamica.

A livello istituzionale, soprattutto ministero, non risulta si sia ancora mosso niente, almeno ufficialmente, ma ormai potrebbe essere soltanto questione di tempo. —



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